Prime: recensione

Rafi (Uma Thurman) è un produttrice fotografica che si avvicina ai quarant’anni, con il carico emotivo di un divorzio recente e la mancanza di un partner ad alleviare la solitudine, quindi in attesa del fatidico incontro si confida con Lisa (Meryl Streep) la sua psicanalista. Poi finalmente l’incontro fatale, lui è David (Bryan Greenberg) un giovane pittore ventisettenne fresco di college che la travolge con la sua gran voglia di vivere.

Se all’inizio la relazione sembra funzionare a dovere, in seguito la differenza di età si fa sentire, lui ha diverse priorità ed esigenze, poi per compromettere ancora il tutto ci si mette anche la religione, David è ebreo, Rafi no.

La coppia sembra ormai alla deriva e quando le cose sembrano proprio non poter andare peggio di così ecco il colpo di grazia, Lisa, la psicanalista di Rafi, la donna alla quale Rafi ha confessato ogni più intimo segreto e desiderio, la donna con la quale ha discusso la sua nuova ed esntusiamante relazione nei più piccoli particolari è…la  madre di David.

Questo intreccio narrativo poteva, se mal maneggiato, diventare trito e prevedibile, ma fortunatamente così  non è stato, il giovane regista Ben Younger (1km da Wall Street) tiene ben saldo il timone non sconfinando  mai nel banale, certamente aiutato da un trio d’attori molto in parte, su tutti la strepitosa Meryl Streep.

Le gag funzionano a dovere e il duetto tutto al femminile Streep-Thurman risulta brillante e pieno di verve, che altro dire se non che Prime è un’ottima commedia brillante, ben girata ed altrettanto ben interpretata, che nel marasma di comedy a tinte romance che vengono sfornate a mò di catena di montaggio risulta un prodotto ricco di personalità.