Recensione: Le Cronache di Narnia: Il Leone, la Strega e l’Armadio

Sono tempi di grosse saghe, divise in blocchi per eseigenze pratiche. L’importante è che i vari episodi non vengano girati a una distanza eccessiva l’uno dall’altro. Altrimenti rischiamo di trovarci davanti a dei vecchi bambini, questo non è mai bello, anzi, è antiestetico e anche un pò grottesco.

Tornando alle saghe, ci troviamo di fronte al passaggio verso un mondo incredibile: il mondo di Narnia. Ma non siamo noi a varcare la soglia di questo incredibile, fantastico mondo: noi siamo gli spettatori, e guardiamo i protagonisti della nostra vicenda, Peter (William Moseley), Susan (Anna Popplewell), Edmund (Skandar Keynes)e Lucy (Georgie Henley), che attraversano il passaggio e dal grigiore dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, ci troviamo proiettati in un universo fantasy di tutto rispetto.

E’ Lucy la prima a fare il passo. E la sua giovanile ingenuità le permette di concepire, senza troppi problemi, l’amicizia con un fauno, il signor Tumnus (James McAvoy), che, come in un tutorial in carne ed ossa, svela alla piccola le regole che devono essere rispettate per vivere a Narnia. Tuttavia la piccola Lucy entra nel magico mondo in un momento un pò drammatico: il magico paese non possiede più il Natale, sottrattogli dalla perfida Jadis, la Strega Bianca (Tilda Swinton).

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Madonna al cinema: da Who’s that Girl a Filth and Wisdom

Ribadisco subito il concetto espresso nel titolo, Madonna è sempre Madonna. Preconcetti, aspettative della critica, critiche antesignane e prodromiche, tutto quello che si può di re e tutto quello che non si può dire: ma Madonna è sempre Madonna.

Quando l’ho vista per la prima volta, tanti anni fa, è stato come vedere esplodere un barboncino in un salotto francese nel settecento, con conseguente cospargimento di carni e interiora sulla padroncina e sugli ospiti. Qualcosa di irriverente, una ferita mortale ai miei pensieri e alla mia morale, ma anche qualcosa da cui non riuscivo a togliere lo sguardo.

Domani Madonna compie cinquant’anni, e la cosa non mi stupisce affatto. E’ stata in grado di compiere altre meraviglie, altri prodigi. A cinquant’anni ci arriverò anch’io, e tante persone che respirano come me e di cui ho una stima media (la peggiore).

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Recensione : La Mosca

Il tema della metamorfosi, filtrato dalla mente di David Cronenberg, ha dato vita nel 1986, a una rappresentazione di come si diventa schiavi della trasformazione, e di come si giunge a diventarne dipendenti, quando se ne perde il controllo.

La Mosca è il remake dell’omonimo The Fly, del 1958, in Italiano L’Esperimento del Dottor K, con Vincent Price. Tuttavia il remake diviene in questo contesto un pretesto, un modo per approfondire ben altri temi. Seth Brundle (Jeff Goldblum), più che uno scienziato, infatti, è un artista. Studia in incognito il teletrasporto, e arriva a realizzare un prototipo funzionante di un macchinario che ne implementa i principi fondamentali.

Ci siamo quasi, il programma riesce a trasferire le cellule da una capsula all’altra, manca veramente poco al lieto fine, e a una rivoluzione, in campo scientifico, di quelle epocali. Accanto allo scienziato, in questi intensissmi momenti, la giornalista Veronica Quaife (Geena Davies) vive con lui una storia d’amore intensa e bellissima.

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Presenze sul set: fantasmi dietro la macchina da presa?

Nessuno di noi ha bisogno di sapere cos’è un fantasma; del resto, credo che quasi nessuno di noi possa affermare di averne visto uno. Eppure tutti ne parlano, tutti sanno cosa sono, e nonostante certi fenomeni ancora non siano stati definiti in modo rigoroso, ognuno di noi si ritiene evidentemente in grado di vederne uno.

Alzando i piedi da terra rispetto all’articolo in cui si parlava dei morti sul set, adesso si sfora nel paranormale, nell’incertezza dell’allucinatorio, nella parapsicologia cinematografica e nei potenti effetti della suggestione.

Prendiamoci dei punti di riferimento: se i fantasmi esistono, non c’è motivo che neghi loro di andare al cinema. Men che mai di recarsi su un vero set cinematografico per assistere alle riprese di un film. Immaginatevi infatti la situaizone: siete più o menoinvisibili, evanescenti, potete attraversare i muri e, all’occorrenza, terrorizzare chi vi dà fastidio; in più avete di fronte a voi l’eternità. Avete presente le potenzialità di una vita del genere?

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I Sutherland: Donald e Kiefer destini incrociati

La caratteristica che più accomuna Sutherland padre (Donald) al figlio (Kiefer) è senza dubbio la duttilità, la capacità di ricoprire i ruoli più disparati con la garanzia pressoché matematica d’ottenere un risultato che risponde alle aspettative, la chiave del successo dei due attori è tutta qui, quanto basta per includerli nel novero dei più amati dal pubblico.

Che Donald McNichol Sutherland fosse capace di tutto lo si intuisce dalla sua biografia. Nato in Canada nel 1934, fa il dj in una radio privata e nello stesso tempo si paga gli studi per diventare attore, un sogno destinato a divenire realtà che il nostro persegue strenuamente, al punto da imbarcarsi per l’Inghilterra dove si iscriverà alla London Academy for Dramatic Arts.

Ogni ruolo sembra adatto a lui, Donald non sfigura mai neanche quando a inizio carriera, il cinema italiano gli concede la grande occasione di proporsi ma in film di bassa qualità. Col passare del tempo parti più decorose si profilano all’orizzonte come quella del capitano Pierce nella versione cinematografica di Mash a firma Robert Altman. Anche il nostro Federico Fellini, si accorge di lui e gli offre il ruolo del protagonista in Casanova, cosi come un altro grande maestro di casa nostra Bernardo Bertolucci lo trasforma nel cinico Attila del suo Novecento: il legame con l’Italia è forte. Con quel viso da eterno marpione, il sorrisetto ironico e irriverente Donald Sutherland da l’idea di saperla lunga e nulla sembra poterlo turbare.

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Film italiani 2009: quattro titoli su cui puntare

Il momento è giunto, e, credetemi, era inevitabile. Anche il cinema di casa nostra nel 2009 dirà la sua, e nessuno di noi potrà far finta di niente, nessuno potrà ignorare il richiamo del cinema italiano.

La scelta non è vastissima, e questo ci permette di soffermarci con un certo zelo su qualche particolare della cinematografia futura battente bandiera tricolore. Vi anticipo subito che cuore e amore saranno le parole chiave. Poi ci sarà qualcos’altro, poi torneranno cuore e amore, e così via.

Intraprendiamo dunque senza pregiudizi questo tortuoso percorso, ricordandoci che se le aspettative sono quello che sono, in sostanza non potrà che andarci bene; in fin dei conti questo è un principio che può essere applicato un pò ovunque, quindi non vedo sinceamente il motivo di non sfruttarlo in questa sede.

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Maledizione sul set: i film uccidono?

La recente scomparsa del non ancorra ventinovenne Heath Ledger ha risollevato un polverone che abbiamo già visto alto, nella storia del cinema: quello dei film maledetti. Film funestati da sciagure indicibili, e le cui riprese sono accompagnate da morti e disgrazie.

Detta così, non può che sembrare una leggenda metropolitana. Eppure effettivamente, analizzando strettamente i fatti, emerge che qualcosa è successo e succede davvero. E’ possibile infatti decorare la realtà, ma non lo è cambiare il numero di morti avvenuti nel contesto delle riprese di un film.

Il segreto per non perdere tutte le informazioni interessanti è proprio quello di non lasciarsi sommergere da superstizioni e da eventi inspiegabili, cosa che puertroppo si tende a fare con una certa facilità, considerato che le storie di fantasmi ci affascinano incredibilmente.

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Dalla Cina con passione

Il cinema cinese gode di una lunga tradizione che affonda le sue radici alla fine del 19mo secolo, quando le prime “ombre elettriche”, così venivano chiamate, vennero proiettate per la prima volta a Shangai. La tumultuosa storia di questo immenso Paese non mancò di influenzare la produzione cinematografica degli anni successivi, quando le pellicole assunsero connotati patriottici e propagandistici, pur non trascurando l’ispirazione data dalla corrente hollywoodiana e sovietica.

L’occupazione giapponese di Shanghai avvenuta nel 1937 interruppe di fatto l’epoca d’oro delle pellicole cinesi, tornò comunque agli antichi splendori nel dopoguerra, poi il comunismo rese il cinema uno strumento di informazione e propaganda nei confronti delle masse contadine, eludendo possibili contaminazioni dall’estero con l’importazione di soli prodotti sovietici.

Negli anni ’70 si ebbe nelle sale di casa nostra e non solo l’invasione di film basati sulle arti marziali, ma che in realtà venivano realizzati non dalla Repubblica Popolare ma da Taiwan e Hong Kong non ancora possedimento di Pechino, influenzando di fatto il nuovo cinema cinese, opera di registi formatisi negli Stati Uniti e in Europa: una corrente innovativa che passando da Taiwan raggiunse finalmente la Cina continentale nel 1984 grazie alle pellicole Tudi (1984) di Chen Kaige, Daoma Zei (1986) di Tian Zhuangzhuang e Sorgo rosso (1987) di Zhang Yimou.

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Recensione: Clive Barker’s Hellraiser

Il 1987 è stato segnato dall’arrivo, sul grande schermo, di quello che sarebbe diventato un cult a tutti gli effetti: Clive Barker’s Hellraiser, giunto a noi come Hellraiser: Non ci sono limiti, grazie al nostro possente filtro “traduci-titoli”. Si tratta, banalizzando, di un film dell’orrore, e per di più, si tratta di un film di Clive Barker.

Forse non basta una prima occhiata per rendersi conto che dietro a un succedersi di “eventi horror” abbastanza lineari, si celano una trama estremamente intricata e un retroscena complesso ed estremamente fantasioso, ricco di dettagli e che affonda le radici temporali sia nel passato sia nel futuro.

Apparentemente, il protagonista è Frank Cotton (Sean Chapman). Si tratta di un personaggio molto particolare, interessato all’occulitsmo, e alla continua ricerca del massimo estremo. Le sue ricerche lo portano all’acquisto di un nuovo, misterioso strumento in grado di portarlo oltre qualsiasi soglia del piacere carnele: si tratta di una scatola di legno, una specie di carrillon.

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International Film Festival Locarno

Il titolo parla chiaro: in quest’estate di fuego, l’unico modo per salvarsi è concentrare la nostra attenzione, con l’impegno di un monaco buddista, sui festival e sulle rassegne di cui è costellata questa stagione rovente.

La sessantunesima edizione dell’ International Film Festival Locarno è stata inaugurata il 6 Agosto in Piazza Grande con tutta la forza che può, promettendo di andare avanti fino al 16 di Agosto.

Le facce che avremo occasione di vedere live e a colori, sono tante e sono celebri. Volete fare quattro chicchiere con Amos Gitai? Volete congratularvi con Alessandro Baricco? Bene. Allora, tutti a Locarno.

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Film Storici 2009: dal Conquistador al 1776

C’è poco da fare, il film storico asolve oggi ad una funzione che teoricamente tenderebbe a spingersi oltre quella del puro intrattenimento: la diffusione di certi aspetti della storia dell’uomo è sato infatti appannaggio della sola letteratura, e laddove si tende a leggere sempre meno, è assolutamente necessario estendere il set di mezzi di diffusione delegati a svolgere tale compito.

A chi tocca dunque nel 2009? E’ presto detto: iniziamo da Conquistador. Diretto da Andrucha Waddington, e prodotto da una serie di nomi altisonanti, quali sono quelli di Gianni Nunnari, Oliver Stone, David Fincher, e Robert Rodriguez, il film si ripromette di raccontarci la storia di Hernan Cortes, interpretato da Antonio Banderas, a partire dalla partenza da Cuba finalizzata ad espandere la potenza spagnola, fino alla tragica distruzione dell’impero Azteco.

Interessante, no? Quanto avevate a storia alle superiori ? Tanto per smorzare la prima affermazione di questo articolo, è ovvio che qui si tratterà di una bella avventura, epica e romanzata, siamo pure sempre al cinema!

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Film musicali 2009: Scorsese tra Miles Davies e Mick Jagger

Non poteva mancare, per il prossimo anno, un confortevole tappeto di note e di passi di danza su cui rigenerarci dopo lunghe sessioni lavorative. I film musiacli sono da sempre un genere a sè, ed ho visto atteggiamenti estremi adottati nei loro confronti: c’è chi li ama, cè chi li odia. Come al solito mi colloco in una posizione intermedia, impossibile generalizzare, ce ne so9no di fantastici e di invedibili.

Per questo mi chiedo come sarà questa Untitled Miles Davis Biopic, di cui attualmente si sa molto poco. Quel che è certo è che non si trattta di una vita come tutte, e le note del trombettista, bandleadere e compositore jazz faranno da cornice a una storia finita anche troppo presto, nel 1991. Non c’ è alcun bisogno di sottolineare cosa è stato Davies per la musica e cosa quest’ultima è stata per lui. Un solo nome legato alla pellicola:Don Cheadle alla regia e nel cast.

E sempre nel complesso mondo della musica si svolge The Long Play, diretto niente meno che da Martin Scorsese, affiancato dall’icona del rock Mick Jagger. La storia narra dell’avventura di due amici, durata quarant’anni, nel mondo del business della musica, dal R & B delle origini all’oggi dell’ Hip Hop. Sicuramente l’approccio permette di avere uno scorcio a grana larga di un pezzo molto importante di storia della musica.

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La saga dei Coppola: il cinema nel sangue

La storia del cinema risulterebbe priva di alcuni dei suoi più importanti capitoli se Francis Ford Coppola non fosse mai esistito. Basta riflettere anche solo per una attimo su una frase come questa, per rendersi conto di come il destino abbia avuto un ruolo importante nel determinare le sorti di un autentico genio della macchina da presa, colui che non si è mai posto limiti, quando si è trattato di raccontare vicende, anche tragiche, relative alla storia del proprio Paese. Già… gli Stati Uniti, il luogo dove i sogni possono divenire realtà e l’estro dell’individuo se riconosciuto come tale, può portarlo in cima alla piramide del successo sociale.

Ci chiediamo quale sarebbe stata la sorte del giovane Francesco, aspirante cineasta se qualche anno prima i nonni, valigie alla mano, non avessero deciso di emigrare oltre oceano da Bernalda, paesino della Basilicata. Probabilmente il grande regista non avrebbe goduto di quel clamore che tutte le sue vicende pubbliche e private hanno invece ottenuto in tutti questi anni di attività.

Nato da papà musicista Carmine Coppola e mamma Italia Pennino, di professione attrice, è il secondo di tre fratelli: il maggiore August Coppola, professore di letteratura è il padre di Nicolas Cage, di Christopher Coppola regista e produttore e di Marc Coppola anch’egli attore, mentre la sorella minore Talia Rose Coppola in arte Talia Shire fa l’attrice ma è anche madre dell’attore e musicista Jason Francesco Schwartzman e di Robert Schwartzman, guarda caso anche lui attore, nati dal matrimonio con il produttore Jack Schwartzman.

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Film d’Animazione 2009: Tin Tin vs Scrat

Non c’è che dire, i film d’animazione sono assolutamente uno specchio della nostra evoluzione. In un dato momento, l’umanità si pone delle domande su se stessa, si chiede, in preda a una crisi, dove andrà a finire.

Ed ecco che in tutta risposta giunge Ice Age 3:l’alba dei dinosauri, e l’umanità tace guardando attentamente ciò che viene proiettato e smette di farsi sciocche domande esistenziali. Insomma, l’avete vista la locandina? Avete notato le inquietatissime facce dei nostri amici, con il mega dinosauro che appoggia il suo enorme muso addosso a loro.

E poi, cos’altro ancora di terribile succederà al povere Scrat? Ci sarà veramente da divertirsi, a giudicare dalle premesse. Il film è di Carlos Saldanha e pare che uscirà tra un anno esatto, giorno più giorno meno, nelle sale cinematografihe. La controindicazione nel parlare di anteprime è che ti viene la voglia di vederli subito, i film.

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