L’ultima legione, recensione

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In un Roma ormai al collasso, ombra dela fastosa e temibile potenza di un tempo, il giovane Romolo Augusto (Thomas Sangster), ultimo erede della decaduta  dinastia dei Cesari, e il suo precettore, il misterioso Ambrosino (Ben Kingsley) vengono esiliati a capri, dopo che il generale dei Goti l’ambizioso e crudele Odoacre (Peter Mullan) ha invaso e messo a ferro e fuoco la città.

Quattro valorosi e fedeli soldati romani scampati al massacro perpetrato dai Goti, guidati dal prode Aurelio (Colin Firth) e con l’aiuto della splendida guerriera Mira (Aishwarya Rai) cercheranno di raggiungere e liberare Cesare Augusto, che nel  frattempo, con l’aiuto del fido Ambrosino, ha recuperato la mistica spada di Giulio Cesare, celata nei meandri della fortezza di Capri.

Il salvataggio riesce e al gruppo, dopo aver viaggiato e incontrato diversi ostacoli, tra cui un tradimento ed una trappola ordita da Odoacre, non resta che raggiungere la Britannia dove si trova l’ultima legione, estremo baluardo della difesa dell’Impero, ma giunti al Vallo di Adriano, il gruppo non troverà ciò che sperava.

Produzione epica tutta europea, L’ultima legione vede l’adattamento dell’omonimo romanzo dello scrittore e saggista Valerio Massimo Manfredi, alla sua seconda trasposione su schermo, dopo il film tv I guardiabni del cielo tratto dal romanzo La torre della solitudine. Alla regia il californiano Doug Lefler, nel curriculum molta tv, la direzione nel ’91 di una seconda unità nel cult di Raimi L’armata delle tenebre, e il secondo capitolo direct-to-video della serie Dragonheart.

Lefler fa del suo meglio, ma non è abbastanza, il cast è più che dignitoso, ma si notano molte ingenuità nella messinscena dovute alla poca esperienza con il genere che purtroppo, se non in ambito televisivo, il cinema europeo non visita spesso.

Il film nel suo complesso non delude completamente, ci sono molte suggestioni epico-avventurose che hanno un inconfondibile tocco europeo, altre imitano maldestramente classici d’oltreoceano, ma la parte in toto più debole è sena dubbio quella in cui il misticismo e la leggenda si miscelano con la storia, vedi il mediocre finale decisamente sopra le righe, qui il film perde completamente consistenza e si avvicina ad un racconto fantasy per bambini, facendo rimpiangere le ingenuità del Conan il distruttore di Richard Fleischer.