L’altra donna del re, recensione

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Mentre alla corte del re Enrico VIII d’Inghilterra (Eric Bana) si consuma l’ennesima tragedia di un erede al trono nato morto, nella tenuta dei nobili Boleyn si celebra il matrimonio della secondogenita Mary (Scarlett Johansson) che sembra felice e pronta ad iniziare una nuova vita lontano dalla sua famiglia.

Contenta del suo matrimonio sembra anche la sorella, la primogenita Anne (Natalie Portman), che verrà messa di fronte ad un’alternativa, quella di diventare l’amante del sovrano d’Inghilterra in cerca di una donna fertile e sana, che possa dare al regno l’erede di cui ha bisogno, e che la legittima sovrana non potrà mai dargli.

In principio Anne preoccupata per il suo futuro e la sua reputazione sarà titubante, poi verrà convinta che oltre al bene del regno e della sua famiglia, questa sua presenza a corte le porterà in futuro un martrimonio d’alto rango. Così accettato il suo destino Anne si preparerà ad accogliere il re in visita alla tenuta per una battuta di caccia al cervo.

La permanenza del re però avrà una serie inaspettati siluppi, Enrico preferirà la sorella ad Anne, e così Mary e il legittimo consorte saranno costretti a fare buon viso a cattivo gioco e a trasferirisi a corte, dove Mary diventerà l’amante ufficiale del sovrano e a cui darà un figlio, ma ben presto Anne giocherà le sue carte mettendo in campo astuzie ed artifizi per entrare nelle grazie del sovrano spodestando la sorella.

Il regista ed attore inglese Justin Chadwick, con un lunga gavetta televisiva alle spalle adatta per la seconda volta l’omonimo ramonzo del 2001 di Philippa  Gregory, la prima riduzione per la televisione risale al 2003 ad opera della BBC, e mette in scena un solido ed efficace  intrigo a corte con un terzetto di protagoinisti belli e talentuosi, su cui spicca una Natalie Portman davvero in parte.

Se avete apprezzato La Duchessa e amato il sontuoso Elizabeth apprezzerete anche questa pellicola, che pur rimanendo una spanna sotto le blasonate produzioni appena citate, si fregia comunque di un’ottima e suggestiva messinscena, ed uno script che romanza ad hoc la storia con la S maiuscola, plasmandola a misura di spettatore. Non siamo di fronte di certo ad un capolavoro, ma sicuramente ad un onesto e fruibile prodotto d’intrattenimento.