Festival di Venezia dalla sessantunesima alla sessantacinquesima edizione: David Lynch e i Fratelli Coen

Il congiungersi dell’inizio con l’era odierna mi rimanda a visionni di scenari solenni, come Stonehenge in una notte in cui si effettua un rito di rinascita o cose simili. Il percorso iniziato ormai tempo fa fortunatamente non sembra destinato a finire a breve.

Rivedo, con un pò di nostalgia, tutti i volti che ho visto passare fin’ora qui, in questa magica Laguna, e l’idea di svanire tra qualche paragrafo, mi fa sentire vuoto, mi fa sentire la necessità di prendermi dei punti di riferimento, come quando ci si scambiava l’inidirizzo con gli amici conosciuti al mare.

Sento il bisogno di qualcosa che mi dia un pò di sicurezza, qualcosa che non mi faccia sentire come una pallina della roulette, lentamente destinata a fermarsi; chissà se si rende conto della fine lenta e inesorabile della sua corsa. Spero per lei che in quel momento viva in una sorta di semi-coscienza, e che davanti ai suoi occhi si spengano i volti dei divi, come


Siamo nel 2004, pericolosamente vicini a “oggi”. Come tutti i consueti inizi, ci troviamo di fronte a un “passaggio di paradigma”: cambia infatti la direzione della mostra. Il direttore diventa Marco Müller. Costui è un grande esperto, nonchè amante, del cinema orientale, il quale quindi subisce un notevole incremento di considerazione.

Il digitale rappresneta ormai una vera e propria fucina di sotto-tecnologie digitally-based, e quetso fatto non può essere assolutamente trascurato, tanto che prende vita una sezione denominata “Cinema Digitale”, dedicata in particolare proprio alle applicazioni di tali tecnologie.

Sempre nel 2004, l’aria di retrospettiva prende forma nella “Italian Kings of the B’s”. Questo progetto concretizza la necessità di andare a recuperare film di genere degli anni sessanta e settanta; tale retrospettiva nel 2005 prenderà il nome di “Storia Segreta del Cinema Italiano”.

Il Leone d’Oro alla carriera va ai registi Manoel de Oliveira e Stanley Donen, mentre il Leone d’Oro al miglior film va a Il segreto di Vera Drake di Mike Leigh.

Veramente una edizione spettacolare, quella del 2004. Ma quella del 2005 non è stata da meno, tutta intrisa di oriente nei suoi momenti più importanti. Nasce infatti nel 2005 una retropettiva denominata “Storia segreta del cinema asiatico”, avente finalità analoghe a quelle della retrospettiva dedicata al cinema “segreto” italiano.

Viene poi assegnato un meritatissimo premio alla carriera al maestro del cinema d’animazione giapponese Hayao Miyazaki (La Regina Mononoke è semplicemente un capolavoro)e all’attrice italiana Stefania Sandrelli. Il premio per il miglior film è andato a I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee, interpretato anche dal compianto Heath Ledger.

Sotto la “protezione” della madrina della rassegna, l’attrice italiana Isabella Ferrari, e per la prima volta dal dopoguerra, nel 2006 sono state portate in concorso soltanto opere in anteprima mondiale. In quest’occasione, il regista americano David Lynch si è accaparrato il Leone d’Oro alla Carriera.

La scelta del film vincitore dell’edizione, Still Life, di Jia Zhangke, ha suscitato notevoli polemiche, dato che la stampa specializzata e il pubblico davano per vincitore Nuovomondo, di Emanuele Crialese.

Nel 2007 vince Se, jie di Ang Lee, sbaragliando un gruppo di competitori composto, tra gli altri da Nikita Mikhalkov, con 12, Andrew Dominik con Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford e Andrea Porporati con Il Dolce e l’Amaro.

Ed eccoci all’oggi. Benvenuti alla sessantacinquesima edizione della mostra. Il tempo è passato velocemente, e mi lascia solo un attimo, per dirvi che stavolta l’allestimento scenografico è stato ideato da Dante Ferretti. Pellicola d’apertura: Burn After Reading, scritto e diretto da Joel e Ethan Coen, e il direttore è sempre Marco Müller, portando avanti il lavoro iniziato nel 2004. Adesso scusatemi, ma devo scappare, perchè al Lido la magia ha già preso vita.