Festival di Torino 2012 giorno 7: in concorso I.D., evento speciale Shadow Dancer

Settima giornata al Festival di Torino 2012, vediamo cosa ci riserva oggi il ricco programma di proiezioni. Iniziamo come di consueto con il Concorso internazionale che oggi prevede l’indiano I.D. di Kamal K.M., il cinese Tabun Mahabuda di Emyr Ap Richard e Darhard Erdenibulag e l’italiano Su Re del regista sardo Giovanni Columbu.

Per quanto riguarda invece le sezioni collaterali segnaliamo per Festa Mobile il thriller inglese Shadow Dancer di James Marsh con protagonista Clive Owen e per TorinoXXX il dramma americano Starlet di Sean Baker,

I.D.

In un grattacielo di Mumbai vivono tre giovani decisi a fare della metropoli la loro nuova casa. Un giorno un manovale arriva nell’abitazione per imbiancare una parete; in casa c’è solo Charu, irritata per non essere stata avvisata dai coinquilini del contrattempo. Pochi minuti dopo, però, la ragazza trova l’imbianchino riverso a terra, privo di sensi: visibilmente spaventata lo porta immediatamente in ospedale, ma il giorno dopo viene a sapere che l’uomo, di cui non ha fatto in tempo a sapere il nome, è morto. Per Charu è l’inizio di un viaggio nei quartieri più poveri della città alla ricerca dell’identità dello sconosciuto.

«Abbiamo cominciato le riprese nelle location reali. La città ci parlava attraverso la sua miriade di migranti, gente arrivata da ogni parte del Paese in cerca di una vita migliore. Il processo creativo mi ha svelato spazi urbani sconosciuti, spazi che urlano per essere ascoltati. Alle spalle della protagonista, la troupe ha attraversato quegli spazi, alla ricerca dell’identità di un uomo senza nome da inserire nella vasta anonimità della città».

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SU RE

Nel sepolcro dove giace il corpo di Gesù, Maria piange il figlio morto. Alcuni momenti della sua breve vita riemergono attraverso una lettura dei quattro Vangeli canonici che privilegia il punto di vista del narratore. La memoria ci conduce tra gli aspri paesaggi delle montagne sarde: non siamo in Palestina, ma in un mondo avulso dal passare del tempo, ancorato alle proprie tradizioni linguistiche e culturali.

«L’idea del film risale a quando, nella chiesa di Santa Maria in via Lata a Roma, fui colpito da una tavola che riportava su quattro colonne i brani dei Vangeli che descrivono i patimenti inflitti a Gesù. Fu allora che pensai a un film sul Vangelo in cui le scene si ripetessero, quasi come nel Rashomon di Kurosawa, e decisi di trasporre la storia in Sardegna, perché è il mondo che amo e meglio conosco, permeato di valori che sembrano rifarsi all’Antico piuttosto che al Nuovo Testamento. Due universi molto distanti si sarebbero incontrati, trovando riscontro nella realtà di quel sogno che è nell’animo di molti: scoprire Gesù, qui, tra noi».

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TABUN MAHABUDA – IL PRIMO AGGREGATO

Dopo un incidente sul lavoro, uno stuntman torna in città e cerca di riprendere la vita di sempre, preparandosi alle audizioni e passando molto tempo con la sua compagna, anch’essa attrice. Quando la ragazza gli propone il ruolo di protagonista nel film in cui sta lavorando, l’uomo si trova a confrontarsi a una possibilità inaspettata, che lo mette di fronte a se stesso e alle sue aspirazioni.

«Ci si aspetta che tutti noi recitiamo certi ruoli e la domanda è: quanto di ciò è reale? Quanto possiamo davvero dirci noi stessi, raccogliere le idee e dire: questo sono davvero io! Questa è una domanda che va al di là della cultura. Il fulcro del film è l’idea della percezione della realtà, di ciò che è reale o vero e di ciò che è immaginato e fittizio». (Emyr Ap Richard)

«Alla base del film ci sono un personale desiderio di cambiamento e l’intenzione di comprendere intimamente tale processo. La trasformazione raccontata corrisponde alla mia e mentre giravo il film ho sospeso la mia progressione nell’arte. Sto cercando la vera arte e il film va in questa direzione». (Darhard Erdenibulag)

SHADOW DANCER

Collette proviene da una famiglia di Belfast legata all’Ira. Quando viene arrestata a Londra per un fallito attentato si trova davanti a un bivio: finire in galera per venticinque anni o diventare un’infiltrata dei servizi segreti britannici? In ballo non c’è solo la sua libertà ma il rischio di perdere suo figlio. Messa alle strette, decide di collaborare: tornata a Belfast, dovrà spiare i suoi familiari. Stretta tra la vergogna di sentirsi una traditrice e le profonde riserve morali che la tormentano, Collette può contare solo sull’aiuto di Mac, l’agente dell’intelligence che l’ha arrestata. Ma come sopravvivere in un mondo che non distingue tra bene e male e gli intrighi sono all’ordine del giorno?

«Quando ricevetti la sceneggiatura di Tom Brady, iniziai a leggerla con l’animo appesantito […]. Ma Tom aveva posto una premessa psicologicamente interessante al racconto: cosa succederebbe se dovessi tradire la tua famiglia e spiarla ogni giorno? Sono rimasto attratto da questo elemento, così come dal cinismo e la slealtà che permeano la storia».

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STARLET

Jane ha ventuno anni e si è appena trasferita in California per tentare la strada del porno. Le sue giornate scorrono tutte uguali, tra una canna e l’altra con i coinquilini e le coccole al cihuahua Starlet. Poi un giorno, in un mercatino dell’usato, compra un vecchio thermos: al suo interno sono nascosti diecimila dollari. A venderglielo è stata Sadie, un’anziana vedova che vive sola e con cui ha avuto un battibecco. Dopo la sorpresa iniziale, in Jane si fa strada la curiosità di scoprire cosa si celi dietro quel fortunoso ritrovamento. L’unico modo per venirne a capo è avvicinarsi a Sadie, che sulle prime si mostra sospettosa e sprezzante verso la ragazza: ben presto però tra le due nascerà un sentimento di amicizia inatteso, in grado di far rivivere il passato e rivelare segreti nascosti.

«Ho girato senza un aiuto regista, con i componenti della troupe che ricoprivano diversi ruoli, e senza avere pieno controllo sulle riprese. Una cosa che lascia sempre molto spazio alla casualità e, allo stesso tempo, a fortunati incidenti che rendono il tutto più significativo».

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