Daybreakers-L’ultimo vampiro, recensione

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In un futuro non così lontano il vampirismo si diffonde come una patologia ematica trasmessa dai pipistrelli, purtroppo il virus ha avuro un triplice effetto sulla popolazione, quello di cancellare quasi del tutto l’obsoleta razza umana, mutare ed ibridare geneticamente gli esseri umani con i vampiri e di contro avviare una repentina cancellazione delle neo-razza stessa dalla faccia del pianeta, creando una terza razza violenta e brutale pronta a trasformarsi nella definitiva razza dominante.

Questa terza evoluzione-involuzione decisa a rimpiazzare l’ibrido umano-vampiro e che di umano ha davvero poco, è figlia sia di un naturale meccanismo di difesa della specie, che della scarsità di sangue umano che il virus stesso ha collaborato a creare, debellando la maggioranza degli uomini e costringendo gli ibridi a cibarsi del loro stesso sangue.

Mentre il problema sangue va peggiorando, sono centinaia i vampiri ibridi che cominciano a mutare rifugiandosi nel sottosuolo della città divenuto un intricato labirinto di tunnel che permette alla popolazione di vampiri di spostarsi durante il giorno. Di conseguenza la nuova specie diventa più numerosa e più aggressiva sconfinando spesso in superficie, entrando nelle abitazioni e accampando diritti sul territorio di caccia, mentre l’ematologo Edward (Ethan Hawke) al soldo di un potente casa farmaceutica cerca un surrogato che possa sostituire il sangue umano, prima che sia troppo tardi.

La sua ricerca però sembra andare troppo a rilento, mentre la nuova razza rischia di prendere presto il sopravvento, ma Madre Natura funziona a prescindere ed Edward entrerà in contatto con un uomo (Willem Dafoe) che afferma di essere stato un vampiro e che grazie alla luce del sole, elemento notoriamente letale per le creature della notte, ha riacquistato la sua umanità, sarà la scoperta della cura definitiva?

I gemelli australiani Michael e Peter Spierig dopo l’horror demnziale Undead, che parodiava/omaggiava il filone degli zombie-movies con suggestioni sci-fi passa al genere vampire, però stavolta i toni si fanno più cupi, ma sempre con una forte connotazione fantascientifica, narrandoci di un apocalittico futuro non troppo lontano in cui la razza dei vampiri domina la Terra.

Bisogna essere chiari la figura del  vampiro ha più volte cozzato con ambientazioni  futuristiche figliando opere tanto fascinose quanto mancate,vedi ad esempio The Breed di Michael Oblowitz piuttosto che Ultaviolet di Kurt Wimmer, essendo egli stesso per antonomasia un’icona horror che punta il suo appeal su una certa fascinazione per il vetusto, quindi applicandogli un make-up visivo alla Matrix e calandolo in un gelida ambientazione metropolitana si minano alcune tipicità che dovrebbero essere imprescindibili dal genere stesso.

I fratelli Spierig arrivano dal mondo della pubblicità ed hanno una preparazione ed un gusto davvero notevoli in campo di design ed effetti visivi, ed infatti il lavoro sulle peculiarità cromatiche della ricercata fotografia e quello che è in toto il look del film catturano l’attenzione con intriganti sfumature visive che oltre ad omaggiare la trilogia dei fratelli Wachowski, cercano di cogliere anche atmosfere e suggestioni hi-tech del cinefumetto Blade.

Il problema di Daybreakers e che tanta attenzione nel creare suggetioni visive, la cura per il make-up e l’aggiunta di un casting d’alto profilo, servono solo ad accentuare la distanza della figura narrata dal contesto, il  vampiro diventa un accessorio per raccontare di un’apocalisse genetica che pur restando argomento indubbiamente accattivante con le fascinose creature della notte c’entra ben poco, infatti in questo caso i vampiri potevano benissimo essere rimpiazzati da zombie, licantropi o infetti vari.

In un atmosfera asettica quasi da sala operatoria che ricorda molto l’ottimo Gattaca di cui proprio Ethan Hawke era protagonista, con tutti i difetti già riscontrati nel cugino neozelandese Perfect Creature e con un gruppo di resistenti che in un film di Carpenter o nella trilogia di Blade sarebbero diventati carne da macello già nei titoli di testa, la coppia di filmakers australiani esplora la fantascienza più che il vampire-movie e da questo punto di vista sforna un discreto film, che però alla fine per quanto visivamente accattivante e stiloso nella messinscena risulta irrimediabilmente freddo ed emotivamente  poco coinvolgente.