Alza la testa, recensione

locandina-del-film-alza-la-testa-130472 []Antonio (Sergio Castellitto) è un padre single aggredito dalla vita e deluso da aspirazioni sportive mai pienamente realizzate, suo figlio Lorenzo (Gabriele Campanelli) diventa così il suo bisogno di inseguire sogni ed ambizioni perdute, il suo riflesso, la sua ulteriore ed ultima possibilità.

Così Antonio ex-pugile insegna al figlio, nato da una relazione con una donna albanese sparita nel nulla, l’arte e la durezza della boxe applicandola alla vita di tutti i giorni, ad incanalare rabbia e delusione per trasformarli in grinta con cui affrontare a testa bassa e con vigore il ring della vita.

Purtroppo il ragazzo comincia lentamente a scoprire un mondo oltre quello creato dal padre per lui, in cui i due vivono quasi isolati dal mondo esterno, una ragazza che ricorderà a Lorenzo il suo essere un adolescente e una madre che ripiomberà nella sua vita sconvolgendone ritmi e certezze.

Il mondo costruito ad arte e le difese sviluppate negli anni da Antonio contro il suo male di vivere, cadranno definitivamente quando dovrà affrontare un ulteriore dolorosa lezione impartitagli da una vita impietosa che sembra volerlo vedere definitivamente al tappeto.

il regista Alessandro Angelini dopo il folgorante esordio con l’opera prima L’aria salata, approda alla sua seconda pellicola esplorando la periferia romana e il mondo della boxe come ennesima metafora di vita e sofferta paternità.

Se nella prima parte del film il regista impreziosice la coinvolgente e sentita interpretazione di un Sergio Castellitto davvero novetole con un impronta visiva vibrante, volutamente sporca e oltremodo dura, sembra poi  perdersi in una seconda parte visivamente scollata, surreale ed emotivamente pretenziosa, il colpo di scena che segna la svolta del film purtoppo ne vira anche intenzioni e direzione lasciandosi alle spalle una narrazione asciutta e sanguigna.

Alza la testa resta comunque un film emozionante e non privo di suggestioni in cui si può godere di un Castellitto in grande forma e mai parco di intensità quando si tratta di tratteggiare personaggi duri e difficili, un’occasione persa invece per vedere un talentuoso cineasta esibirsi a tutto tondo con un cinema meno rarefatto e più viscerale, pazienza attendiamo Angelini alla prossima prova, nel frattempo un doveroso plauso a Castellitto.