Suso Cecchi D’Amico è morta: addio ad una delle più grandi sceneggiatrici italiane

E’ morta a Roma a novantasei anni Suso Cecchi D’Amico, una delle sceneggiatrici più importanti d’Italia, Leone d’oro alla carriera al Festival di Venezia del 1994. A dare l’annuncio della sua scomparsa, avvenuta a causa di una malattia, sono stati i figli.

Giovanna Cecchi, figlia del letterato Emilio, nata a Roma nel 1914, ha esordito prima come giornalista, poi come sceneggiatrice di Mio figlio professore, il film del 1946 diretto da Renato Castellani, e non si ferma più. Da quel momento inizia a scrivere per grandi personalità del mondo del cinema tra i quali: Luigi Zampa, Ennio Flaiano, Cesare Zavattini, Michelangelo Antonioni, Francesco Rosi, Vittorio De Sica (per gli indimenticabili Ladri di Biciclette e Miracolo a Milano) e Alessandro Blasetti, Luchino Visconti (per cui firma Bellissima, Lo straniero, Ludwig, Il Gattopardo, L’innocente, Morte a Venezia), Mario Monicelli (I Soliti ignoti), Franco Zeffirelli (La bisbetica domata), Luigi Comencini (Le avventure di pinocchio).

Suso Cecchi D’amico nella sua carriera ha vinto tutto ciò che si poteva vincere: oltre al Leone d’oro alla carriera ha ricevuto tre David di Donatello, sette Nastri d’Argento ed è stata nominata Cavaliere di Gran Croce. Le è mancato solo l’Oscar a cui è stata nominata nel 1966 per Casanova ’70 di Mario Monicelli.

Mario Monicelli dice:

Ho vissuto 50 anni con lei. Entravo ed uscivo da casa sua con la naturalezza di chi ci vive. Eravamo come una famiglia. La sua scomparsa mi lascia molto solo, ma dobbiamo piegarci al volere degli anni. Più che aver lavorato con lei, posso dire di aver vissuto con lei.Era molto socievole. Ci si incontrava la mattina è si passavano le prime ore a parlare di tutto, dalle nostre cose alla politica. Ed era lì, in quegli incontri, che nascevano le idee. Era un lavoro propedeutico alla seconda parte della giornata nella quale poi si passava a confezionare le storie. In fondo i racconti nascevano dalla collaborazione, da un continuo intrecciarsi di spunti.

Cristina Comencini racconta:

Tutta la mia vita è legata a lei. E’ una delle più grandi donne che abbia mai incontrato non suolo nel campo professionale, ma anche in quello privato. Era una donna completa. Tra i sui pregi nella scrittura c’era una grande chiarezza. Ascoltava tutti e prendeva appunti. Nei dialoghi era molto sottile e aveva rispetto del pubblico. Organizzava le scene in modo tale che fossero comunque appetibili per gli spettatori. Faceva parte di quella generazione, che comprendeva anche mio padre, che era in grado di coniugare qualità e popolarità.

Lunedì a Roma alla chiesa di Santa Maria del Popolo si terranno i funerali.