La seconda notte di nozze, recensione

Siamo in Italia, è appena terminata la seconda guerra mondiale, il paese cerca di ricomporre i cocci di una democrazia a lungo agognata, e di ricucire dissidi all’apparenza insanabili tra le macerie di un paese con ancora tanta voglia di ricominciare a vivere.

E’ in questo contesto che assistiamo alla partenza forzata della vedova Liliana (Katia Ricciarelli), costretta a lasciare la sua amata Bologna a causa di grossi problemi economici, cosi il figlio Nino (Neri Marcorè) la convince a trasferirsi in Puglia dove risiede un loro parente.

L’arrivo della bella vedova nella masseria di famiglia creerà qualche problema agli occupanti, tra questi il cognato di Liliana, il timido e fragile Giordano (Antonio Albanese), da sempre innamorato di lei e alle due zie di quest’ultimo, Suntina (Angela Luce)  ed Eugenia (Marisa Merlini), che hanno nutrito sempre ostilità  nei confronti della famiglia di Liliana e che le daranno parecchio filo da torcere.

Pupi avati ci ha da sempre abituati ai suoi personaggi da amarcord, a storie che hanno radici e suggestioni nell’infanzia e adolescenza del regista, ad un cinema molto intimo che nasce da un gusto personale per i ritratti malinconici e burleschi che da sempre ci regala la vita vissuta.

Stavolta il classico ritratto di famiglia funziona a dovere e viene nobilitato da una serie di caretterizzazioni e da un’accortezza per i personaggi, in altri film meno presente e che rende La seconda notte di nozze un film decisamente superiore agli ultimi lavori del regista emiliano.

La cornice temporale in cui si muovono i protagonisti, i cui caratteri sono lo specchio di un Italia in ginocchio, ma dallo sguardo ancora vitale, riescono bene a trasmetterci non solo le atmosfere dell’epoca, ma le suggestioni familiari e la percezione di una generazione ormai irrimediabilmente perdute.

Un doveroso plauso all’esordiente Katia Ricciarelli, che tiene testa ad un inedito Marcorè particolarmente mellifluo ed efficace e ad un Albanese al contempo molto contenuto ed emotivamente vitale, che riesce a tratteggiare con dovizia espressiva un personaggio intrigante e dalla grande ricchezza interiore.