Wolfman, recensione in anteprima

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Lawrence Talbot (Benicio Del Toro) celebre attore da molti anni residente negli Stati Uniti è costretto a far ritorno in Inghlterra appena saputo della morte dell’amato fratello. Tornato nella vetusta dimora di famiglia reincontrerà il padre Sir John Talbot (Anthony Hopkins), con il quale si era scontrato subito dopo la morte della madre, della quale Lawrence ha sempre considerato il padre responsabile.

Talbot incontrerà anche la vedova del fratello, l’incantevole Gwen (Emily Blunt) che gli chiederà di scoprire cosa sia realmente accaduto al marito, il cui corpo è stato rinvenuto straziato, forse preda di qualche animale selvaggio.

Un esame accurato del corpo mostrerà si i segni di un attacco animale, ma anche di alcune caratteristiche umane nelle ferite inferte, il mistero si infittisce. Ben presto Lawrence scoprirà chi o cosa ha aggredito e ucciso il fratello, un feroce licantropo che lo assalirà, trasmettendogli una maledizione che alla prima luna piena si rivelerà foriera di eventi tragici, stragi efferate e incredibili rivelazioni che riguarderanno il misterioso passato della famiglia Talbot.

Dopo una travagliatissima post-produzione ed una serie di rinvii, dovuti pare a qualche incertezza da parte della Universal riguardo i contenuti del film, ecco approdare nelle nostre sale il remake del classico The Wolfman/L’uomo lupo datato 1941, una delle icone degli amatissimi Monster-movies Universal che hanno figliato una memorabile serie di fascinose creature da B-movie, dai classici Dracula e Frankenstein, passando per la rediviva Mummia, sino a Il mostro della laguna nera.

Il regista Joe Johnston già avvezzo agli effetti speciali, suoi il terzo capitolo di Jurassic Park e il blockbuster Jumanji, prende in mano l’operazione dopo la defezione di Mark  Romanek, e fa davvero un gran lavoro, nonostante la palese difficoltà di aggiornare un’icona di questa portata e soprattutto di quest’età, specialmente alla luce dei vari aggiornamenti della figura del licantropo ad opera di John Landis e colleghi.

Quello che più colpisce, oltre ad un cast che da al film una solidità impressionante, i carismatici Benicio Del Toro ed Anthony Hopkins affiancati da una sorprendente ed intensa Emily Blunt, è il look burtoniano che si percepisce durante la pellicola, tanto gotica e dark quanto sarebbe piaciuta al regista di Batman ed Edward mani di forbice.

Scenografie, location e costumi sono il punto di forza dell’intera operazione, tra l’altro lo scenografo Rick Heinrichs ha vinto un Oscar nel 1999 proprio per Il Mistero di Sleepy Hollow di Burton. A questo immersivo look si aggiunge la maestria del mago del make-up Rick Baker, premio Oscar per Un lupo mannaro americano a Londra, film che tra l’altro Johnston omaggia nella sequenza della fuga del licantropo per il centro di Londra. Baker riesce a miscelare con dovizia CGI e make-up tradizionale a base di protesi in maniera convincente, realistica e soprattutto rispettosa dell’originale.

Wolfman non disdegna la violenza e il modaiolo splatter, nonostante si vociferi di alcuni interventi per ammorbidire alcune sequenze in post-produzione, sangue e mutilazioni non mancheranno di dare alla pellicola un surplus di godimento per  gli amanti dell’horror. La domanda però sorge spontanea, riuscirà questa versione a conquistare una nuova generazione di spettatori con la sua aria così retrò? Questo è difficile dirlo, a noi il film è piaciuto proprio perchè rispettoso sino in fondo di un prototipo che è nel cuore di milioni appassionati, e siamo certi che un approccio diverso avrebbe snaturato tutto il senso di un’operazione del genere che si è rivelata, difficoltà a parte, dignitosa e visivamente coinvolgente.