Segreti di famiglia, recensione

375966 []Benjamin in procinto di compiere diciottanni decide di rintracciare il fratello Angelo che anni prima ha troncato ogni rapporto con la famiglia a causa di un insanabile conflitto instauratosi con il padre Carlo musicista di fama.

Benjamin arriva a Buenos Aires, dove da qualche anno risiede il fratello, sperando in cuor suo che Angelo non abbia dimenticato la promessa contenuta in una lettera scritta prima di partire, in cui gli prometteva di tornare a prenderlo per portarlo con sè, ma se la compagna del fratello lo accoglierà calorosamente, Angelo si mostrerà da subito freddo e distaccato, palesemente infastidito dall’inaspettata visita.

Segreti di famiglia dimostra che la scelta di Coppola di tornare alle origini, cercare le suggestioni che ne hanno un fatto un cineasta, allontanandosi dalle  meccaniche dello show-biz per abbracciare un cinema d’autore tout court, è stata in fin dei conti una scelta vincente.

Un percorso stilistico dalle molteplici tappe che inizia con un film di transizione dall’emblematico titolo, Un’altra giovinezza per poi formalizzare il suo nuovo approccio tramite la presentazione del suo Tetro nella sezione collaterale Quinzaine des realisateurs a Cannes dribblando volutamente la prestigiosa vetrina principale, per completare il percorso proprio in questi giorni passando per la vetrina indipendente per antonomasia del Torino Film Festival, tutte tappe che rappresentano un ritorno alle origini indipendenti del suo fare cinema che hanno permesso al regista italo-americano di ritrovarsi e ritrovare un nuovo pubblico con cui confrontarsi.

Segreti di famiglia ha tutti i pregi delle pellicole indipendenti, ma al contempo non cade nella formalità visiva tipica di certe produzioni o nella ricercatezza esasperata del conteuto alto a tutti costi, emozioni, e voglia di raccontare una storia fatta di legami indissolubili e conflitti, sono alla base del film di Coppola, l’esperienza sia in positivo che negativo maturata nel cinema di largo consumo ne ha affinato le capacità di intrattenere senza tediare, di raccontare senza perdere di vista il cuore, un cinema colto ma non autoreferenziale, un grande traguardo che gli permette di proseguire idealmente e visivamente il discorso intrapreso a suo tempo con il nostalgico Rusty il selvaggio.

Segreti di famiglia resta uno dei film più personali nella filmografia del regista anche nel senso stretto del termine, suoi soggetto e sceneggiatura, una dichiarazione d’amore al melodramma classico con alcuni rimandi autobiografici e un concetto che si staglia sempre sullo sfondo, e che rimane un punto di riferimento delle opere di Coppola, famiglia e legami di sangue.