L’ultimo dei templari, recensione in anteprima

Grazie ad un incipit situato temporalmente intorno al 1235 d.C. conosceremo la famigerata Chiave di Salomone, potente grimorio di demonologia, utilizzato in questo caso su un terzetto di donne accusate di stregoneria che verranno  impiccate ed affogate.

In seguito l’azione si sposta di circa centinaio di anni nel futuro durante le Crociate dove faremo la conoscenza di due coraggiosi cavalieri, Behmen (Nicolas Cage) e Felson (Ron Perlman), impegnati nelle più sanguinose battaglie in Terra santa sino ad optare per la diserzione dopo aver assistito impotenti all”ennesima strage di donne e bambini.

Il ritorno in patria non sarà dei migliori, da fuggiaschi scopriranno una terra devastata dalla Peste e dopo aver varcato i confini di una cittadina in cerca di rifornimenti verranno scoperti ed incarcerati, ma gli si offrirà l’occasione di riguadagnare la libertà a patto di scortare una presunta strega, accusata di portare con se la pestilenza, sino ad un monastero abitato da monaci capaci, grazie ad un potente rituale, di annientare la maledizione che grava sulla donna.

Behmen e Felson accetteranno a patto che tutte le accuse a loro carico decadano e che la donna fruisca di un giusto processo, ai due si uniranno un prete, un cavaliere, una guida che conosce le impervie zone da attraversare e in seguito lungo il tragitto verso il monastero anche un giovane aspirante cavaliere, decisamente inesperto, ma molto abile con la spada.

Il viaggio sarà lungo e irto di ostacoli, la prigioniera tenterà la fuga e il maligno si manifesterà a più riprese, ma il gruppo dopo aver perso alcuni uomini giungerà comunque a destinazione scoprendo un’orribile verità e trovandosi a constrastare una forza tanto oscura quanto inaspettata.

Diciamo subito che il regista Dominic Sena ci ha abituati a discrete prestazioni come il road-movie Kalifornia con cui ha esordito nel 1993 piuttosto che l’action-remake Fuori in 60 secondi, ma anche a qualche scivolone come il recente Whiteout-Incubo bianco che presenta alcuni dei limiti che ritroviamo in questo  Season of the witch la cui messinscena dotata di indubbia atmosfera, dimostra ancora una volta delle evidenti lacune per un regista che sembra puntare tutto sull’estetica mancando troppo spesso il bersaglio grosso.

L’ultimo dei templari aka Season of the witch oltre all’immersiva ambientazione sfoggia una tematica come la stregoneria medievale poco esplorata dal cinema di ultima generazione, in questo caso applicata all’horror a sfondo demoniaco con l’aggiunta di un’intrigante variante da road-movie, tutti elementi che se presi uno ad uno regalano al progetto almeno su carta un promettente appeal.

Purtroppo se su carta il film poteva risultare vincente, su schermo ci troviamo di fronte all’ennesima occasione sprecata, nonostante le intriganti atmosfere da B-movie, i due carismatici protagonisti, l’elemento tutto da sfruttare del viaggio, e ambientazioni e costumi di ottima fattura, tutto sembra scivolare via su schermo senza lasciare troppa traccia di sè, in questo caso da sottolineare  anche le prove piuttosto opache sia di Cage che di Perlman decisamente sottoutilizzati.

Ultima nota dolente l’utilizzo di corpose dosi di CGI, specialmente nel concitato finale, che ancora una volta mostrano tutti i limiti di tecniche che non ci stancheremo mai di ripeterlo andrebbero miscelate in questo caso con make-up tradizionale, vedi il lavoro fatto da Rick Baker nel recente remake Wolfman, oltre alla sempre funzionale animatronica, onde evitare come in questo caso quei tipici fumettosi effetti da videogame che in pellicole come questa servono solo ad accentuare la debolezza del contesto.

Note di produzione: il film è stato girato in Austria, Ungheria e Croazia, nel cast anche il veterano Christopher Lee, gli effetti visivi sono realizzati dagli esperti in CGI Tippett Studio, all’attivo un Oscar per Jurassic Park e gli effetti visivi del Drag me to hell di Sam Raimi e dell’imminente vampire-movie Priest-Il prete.