Recensione: Il primo giorno d’inverno

Pochi applausi, qualche fischio ed una freddissima reazione degli accreditati per l’opera prima di Mirko Locatelli, Il primo giorno d’inverno, presentato in anteprima nazionale a Venezia nella sessione “orizzonti”.

Il film racconta la storia di Valerio, un adolescente solitario che osserva il mondo dei suoi coetanei stando in disparte. Ha una sorella di dieci anni, un vecchio motorino e due nemici che lo tormentano. Un giorno però gli si presenta una possibilità, finalmente può vendicarsi provando a combattere con le stesse armi del nemico. Ma ad attenderlo troverà solo il dolore e la disperazione.

Una storia che affronta temi presenti, talvolta anche in modo drammatico, nel mondo degli adolescenti, fatta di bullismo e identità sessuale. Parla di ragazzi vicini fisicamente ma personalmente soli e abbandonati, che spesso faticano a trovare unità in un progetto comune e che, spinti dal disprezzo per le diversità, non possono che generare dolore ed emarginazione, rischiando di esserne a loro volta vittime.

Il primo giorno d’inverno apre sicuramente molti interrogativi sulle relazioni e sui comportamenti degli adolescenti, anche se il film non è riuscito a sviscerare totalmente le questioni nella loro complessità. Un lungometraggio monotono che tenta di essere un tragico teorema di colpa e responsabilità, tentando di coniugare causalità e casualità, destino e provvidenza.

Il film è a tratti imbarazzante, soprattutto a livello tecnico, con problemi vistosissimi di montaggio, per non parlare della cupa fotografia e della totale pochezza della pellicola in generale che per più di metà della durata è un inutile ripetersi di situazioni ormai inquadrate da qualsiasi punto di vista.