Recensione: Ember – Il mistero della città di luce

Ember è una città sotterranea, creata dall’uomo per ospitare i terrestri (mentre la Terra si rigenera da una catastrofe) alimentata da un grande generatore, che può andare a pieno regime solo per 200 anni prima di spegnersi lentamente.

Sono passati 250 anni e gli abitanti di Ember non sanno più perché vivono nelle viscere della Terra (suppongono che la motivazione sia che fuori dalla loro città non ci sia altro che il buio), ma accettano i continui e sempre più lunghi blackout e che il sindaco Cole (Bill Murray) assegni loro i lavori, che dovranno svolgere per tutta la vita e gestisca a suo piacimento le risorse della comunità.

Due ragazzi, Lina (Saoirse Ronan) e Doon (Harry Treadaway), però, non ci stanno e, prima si scambiano le professioni (lui, che sogna di poter riparare il generatore, una volta designato messaggero, dà il suo lavoro a lei, che vuole recapitare messaggi, ma che è stata scelta come riparatore di tubature), poi, scoperto che il loro mondo è corrotto, decidono di lasciare Ember, con l’aiuto del padre di Doon (Tim Robbins) un inventore e di quello dell’anziano capo addetto alle tubature Sul (Martin Landau).

Ember il mistero della città di luce è un film d’avventura fantastico per ragazzi, tratto dal romanzo di Jeanne Du Prau, adattato dalla sceneggiatrice di molte opere di Tim Burton, Caroline Thompson e diretto dal Gil Kenan.

Il film ha tante qualità, dal cast d’eccezione al messaggio ambientalista (unito a quello di usare la propria testa e mettere in discussione il potere stabilito se lo si ritiene sbagliato) che vuole trasmettere, dal soggetto alle ambientazioni ben realizzate (cupe, opprimenti e disordinate, proprio come dovevano essere), ma, a parte degli aspetti poco credibili su cui si può sorvolare (fiammiferi che rimangono accesi per minuti interi con l’umidità e gli spifferi, cibo che non scade per oltre 200 anni, pezzi di carta indistruttibili, persone completamente disabituate alla luce del sole, che non ne risentono minimamente al primo contatto), il ritmo non sempre e costante e la storia è poco approfondita.

Il neo del film, in effetti, è proprio quello di tagliare corto troppo spesso sulla storia: non si dice nulla sulla catastrofe e poco e niente sui genitori dei due ragazzi, o sul sindaco; i mostri vengono sbattuti in scena e scompaiono in un lampo; il percorso per arrivare alla soluzione dell’enigma sembra sia la cosa più elementare del mondo (quando hanno le istruzioni va pure bene, ma prima il ragazzo sembra che conosca a memoria le tubature, anche senza guardare la mappa, la ragazza sembra che sappia sempre cosa fare); alcuni personaggi comprimari hanno poco spazio e appaiono solo per dare un senso all’intreccio della storia.

Concludendo: Ember (City of Ember) è un film che potenzialmente può piacere a tutti, grandi e piccini, ma che col passare dei minuti fa storcere il naso. Il risultato è sufficiente a passare un’ora e mezza al cinema , ma una volta usciti, si pensa alle altre storie fantastiche e un po’ si rimpiange il prezzo del biglietto.