Montecristo, recensione

Il marinaio Edmond Dantes (James Caviezel) a causa di una missiva affidatagli da Napoleone Bonaparte sull’isola d’Elba finisce di fronte al sostituto procuratore del re Gerard de Villefort (James Frain), la soffiata riguardo la missiva in possesso di Dantes è arrivata da Fernand Montego (Guy Pearce) che segretamente cova del rancore e dell’invidia verso Dantes.

Aperta la missiva, la scoperta che il contenuto potrebbe compromettere un membro della  famiglia Villefort causa la ritorsione del sostituto procuratore, che prima finge che la lettera non avrà alcuna conseguenza e in seguito esilia Dantes senza accuse ne prove in una prigione situata su un’isola, dove l’uomo trascorrerà quattro anni prima di poter tentare la fuga insieme ad un altro detenuto, l’Abate Faria (Richard Harris).

Faria dopo aver istruito il compagno di cella su materie letterarie, scientifiche ed economiche, muore per un crollo del tunnel che i due stavano scavando per riuscire a fuggire, questa sarà l’occasione per Dantes di sostituirsi al corpo senza vita dell’uomo e guadagnare l’esterno per affrontare a nuoto una lunga traversata.

Raggiunta l’isola più vicina Dantes incontra una banda di contrabbandieri di cui fa parte Jacopo (Luis Guzman), che gli giura fedeltà dopo che in uno scontro corpo a corpo Dantes gli risparmia la vita. Jacopo riconoscente aiuterà il fuggitivo a raggiungere l’isola di Montecristo dove è nascosto un tesoro la cui ubicazione  era stata confidata dall’Abate Faria a Dantes prima di spirare.

Ora Dantes ha i mezzi e la conoscenza per assaporare finalmente la vendetta covata in tredici lunghi anni di ingiusta detenzione, così sotto le mentite spoglie del ricco Conte di Montecristo, l’uomo torna a Parigi per affrontare il suo carnefice.

Indubbio il coraggio del regista Kevin Reynolds nel rimaneggiare così vistosamente una dei piu grandi classici della letteratura scritto da Alexandre Dumas padre e bisogna ammettere che l’esperienza acccumulata con una filmografia in cui epica e  figure eroiche sono elementi ricorrenti, basta pensare al suo Robin Hood-Principe dei ladri piuttosto che al travagliato Waterworld, ha dato i suoi frutti perchè Reynolds si trova particolarmente a suo agio con il cappa e spada e il racconto in costume, due elementi che danno parecchio brio a questo nuovo Montecristo.

Naturalmente per chi ha amato profondamente il libro, il consiglio in questo caso è di evitare la pellicola o perlomeno approcciarvisi con il massimo di elasticità, perchè i cambiamenti apportati e alcune libertà che Reynolds si è preso potrebbero irritare non poco i puristi, per tutti gli altri anche se non amate particolarmente il genere, il film potrebbe rivelarsi una piacevole sorpresa.

Note di produzione: il racconto di Dumas padre ha avuto oltre venti trasposizioni tra grande e piccolo schermo, nonostante rimaneggiamenti e aggiunte la maggioranza della critica internazionale ha giudicato favorevolmente la pellicola di Reynolds, il film ai botteghini a fronte di un budget investito di 35 milioni di dollari ne ha incassati worldwide circa 75.