27 volte in bianco, recensione

Jane Nichols (Katherine Heigl) è una graziosa ed indaffaratisssima damigella d’onore single che ha collezionato 27 matrimoni, senza però mai perdere la speranza che un bel giorno l’uomo dei suoi sogni si accorga di lei e le chieda di sposarlo.

Jane è una ragazza altruista anche oltre il dovuto, non riuscendo a realizzarsi pienamente vive di riflesso gioie ed entusiasmo di ogni singola sposa e di ogni cerimonia a cui partecipa, il problema sorgerà quando sarà la sorella minore a chiederle di farle da damigella.

Dopo oltre venti matrimoni quale potrebbe essere il problema? Semplice, anzi terribilmente complicato, la sorella sta per sposare proprio l’uomo di cui Jane è segretamente innamorata, l’egocentrico capufficio per cui la nostra damigella d’onore ha una sorta di reverenziale sudditanza da cotta adolescenziale.

Nel frattempo l’occupazione di damigellla ad oltranza di Jane attira la curiosità di un giornalista che con la scusa di voler scrivere un pezzo di colore sul matrimonio della sorella entra in confidenza con Jane, tanto da scoprirne i più intimi pensieri, tanto da comprenderne lo splendido carattere, tanto da…innamorarsene.

Davvero deliziosa questa comedy nuziale che vede Anne Fletcher, regista di Step Up e Ricatto d’amore, cimentarsi con un genere che negli States spopola e che ai botteghini difficilmente delude e anche in questo caso le peripezie sentimentali della dolcissima e un pò imbranata Katherine Heigl sbancano i botteghini.

La pellicola cointiene tutto gli elementi cari al genere rispettandone appieno tutti i clichè, il matrimonio è al centro della narrazione e in questo caso non mancano gli intrecci sentimentali che vi ruotano attorno e che porteranno la protagonista nel bel mezzo di situazioni paradossali capaci di scatenare ilarità o commozione a seconda delle circostanze.

27 volte in bianco è il secondo film da protagonista per l’amatissima Izzie del medical Grey’s Anatomy, serial abbandonbato di recente dall’attrice per dedicarsi a tempo pieno al grande schermo. La Heigl miscela grazia, bellezza e una vis comedy ancora tutta da esplorare, ma che in questo frangente pur mostrando ancora qualche fragilità diventa elemento portante di tutta l’operazione, il resto lo fa un casting azzeccato, una scrittura brillante e Anne Fletcher, regista  che ha già dimostrato di saper maneggiare con dovizia il genere.

Note di produzione: la regista Anne Fletcher, qui alla sua seconda prova dietro la macchina da presa nasce come coreografa, la sceneggiatura è ad opera di Aline Brosh McKenna all’attivo lo script de Il diavolo veste Prada, il film costato 30 milioni di dollari ne ha incassati worldwide oltre 160.