Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta, recensione

Sudamerica anni ’30 in un rocambolesco incipt tra letali trappole secolari, trabocchetti e mummie seguiremo il recupero di un antico idolo d’oro da parte dell’avventuriero e archeologo  Indiana Jones (Harrison Ford), recupero che a causa di alcuni indios diventerà più difficoltoso del previsto.

Tornati alla civiltà l’azione si sposta in un’aula di college di New York dove alla cattedra intento ad insegnare rudimenti di archeologia c’è proprio il professor Jones, che tra un recupero di reliquie e l’latro insegna.

Il professor Jones verrà contattato dall’intelligence governativa per parlare della prossima missione di recupero, che stavolta riguarda la leggendaria Arca dell’alleanza reliquia mistica al cui interno sarebbero conservate parti delle sacre tavole dei Dieci comandamenti.

Sembrerebbe un recupero come un altro, se non fosse che stavolta sulle tracce dell’oggetto mistico ci sarebbe nientemeno che l’esercito nazista, questo non scoraggerà certo l’archeologo che messi in valigia cappello e frusta d’ordinanza partirà alla volta del Nepal, deciso a scoprire quanto dell’Arca dell’alleanza sia leggenda e quanto realtà.

Steven Spielberg sulla scia dello Star Wars di Lucas pone con la serie Indiana Jones un punto fermo e imprescindibile nel cinema d’avventura, consegnando all’immaginario cinematografico uno dei personaggi più amati e citati di sempre.

Citiamo Lucas non a caso perchè oltre a produrre il film, suo è anche il soggetto in cui inserisce come fece con il Flash Gordon nella trilogia di Star Wars, molte suggestioni e ammiccamenti a comics e serial d’avventura degli anni’30 e ’40 che hanno di fatto influenzato l’immaginario da spettatore/lettore del regista e che nei due progetti, ricordiamo che la prima stesura de I predatori dell’arca perduta è del 1973, ritroviamo in toto.

La scelta di Lucas di lasciare la regia a Spielberg dipende ancora dal fattore Star Wars, il successo planetario e inarrestabile non ancora pienamente metabolizzato della sua space-opera, giunta nel 1980 al secondo capitolo che lo vede solo in veste di produttore e sceneggiatore, lo spinge a mantenersi all’interno del meccanismo creativo, ma senza lanciarsi in un’altra estenuante produzione in veste di regista, tanto per rendere l’idea Lucas tornerà dietro la macchina da presa solo nel 1999 per riprendere la saga di Star Wars con una nuova trlogia e saranno passati ben ventidue anni.

Questo problema certo non inciderà sul primo film della saga, Spielberg e Lucas possiedono molti elementi e gusti in comune e sono prima appassionati spettatori e cultori del cinema di genere e poi cineasti, un’empatia con lo spettatore che frutterà al dinamico duo un perpetuo e incostrastato regno sull’entertainment made in Hollywood.

Note di produzione: nel team creativo di questo classico troviamo allo script Lawrence Kasdan (Il grande freddo) e naturalmente alle musiche il fedelissimo compositore della coppia Lucas/Spielberg, John Williams che anche stavolta sfornerà un memorabile score. Il film influenzerà il cinema di genere del successivo ventennio, sarà fonte d’ispirazione per classici videoludici e soggetto per ben 15 videogames, anche il piccolo schermo non sarà immune dalla Indy-mania e nel 1982 verrà prodotta la serie I Predatori dell’idolo d’oro. Naturalmente il film venne nominato tra i papabili all’oscar 1982 come miglior film, vincendo quattro statuette nelle categorie tecniche. infine una curiosità, tra i candidati al ruolo di Indy, che alla fine andrà a Ford, ci fu anche il Tom Selleck di Magnum P.I. che però declinò l’offerta.