I giorni dell’abbandono: recensione

la-locandina-di-i-giorni-dell-abbandono-18122Olga (Margherita Buy) è una donna dedita alla famiglia, madre e moglie che improvvisamente si trova abbandonata dal proprio marito che perde la testa per una donna più giovane, la solidità del fulcro familiare e gli equilibri fino ad allora faticosamente costruiti e curati negli anni, crollano in un’emotiva marea di incertezze che investe la donna, che si ritrova persa e confusa in cerca di un appiglio emotivo sul quale ricostruire una dolorosa ma cercata consapevolezza.

La comparsa nella vita della donna di un misterioso vicino di casa aiuterà Olga a capire la fallacità del rapporto costruito fino ad allora e della costrizione ad un ruolo e ad un teatrino quotidiano che si e dimostrato alla prima prova fragile come un cristallo, e dopo l’autoflagellazione da moglie disperata che accetta di perdonare chi non vuol essere perdonato, arriva per Olga il momento di guardare avanti e ricominciare a vivere…

Ne I giorni dell’abbandono quello che si percepisce nell’immediato è il talento di una gran coppia di protagonisti che ce la mettono tutta per rendere credibile un film che ha nel prendersi troppo sul serio forse il suo maggior difetto.

Tradimento, abbandono, caduta e rinascita, storie di tutti i giorni in cui chiunque può riconoscersi, ma il regista Roberto Faenza esagera con l’accento melò e parrossistico del racconto, confenzionando un film troppo urlato e a tratti intriso di una snervante retorica.

Bisogna comunque apprezzare il tentativo del regista di avvicinare il suo modo di fare cinema ad un pubblico più vasto e variegato e di affrontare più emotivamente che intellettualmente una storia, ma ci riesce solo in parte mostrandoci palesemente i limiti del suo cinema, ma anche una voglia di distaccarsi dalla fruizione elitaria con cui ha concepito finora le sue opere ricche di vezzi e fronzoli stilistico-letterari, peccato perchè questo film ha tutta l’aria di un’occasione mancata.