Halloween 2, recensione

la-locandina-italiana-di-halloween-ii-132515 []Dopo un incipit ospedaliero che ci ricollega al sequel originale del 1981, un altro balzo temporale in avanti ci porta ad una Laurie Strode (Scout Taylor-Compton) traumatizzata e borderline e alla misteriosa sparizione del corpo di Michael Myers durante il trasporto verso l’obitorio di Haddonfield con annessa resurrezione.

Mentre Laurie ospitata dallo sceriffo Brackett (Brad Dourif) si barcamena tra psicofarmaci. terrificanti incubi e sedute di psicanalisi, Michael Myers con l’approssimarsi della notte di Halloween si rimette in viaggio verso Haddonfield alla ricerca di Laurie sfuggita al massacro dell’anno precedente.

Il regista Rob Zombie dopo un dignitoso remake del capolavoro di Carpenter datato 1978, si presta al gioco del reboot traghettando Michael Myers definitivamente nel suo mondo, psicanalizzandolo e miscelandone pericolosamente il profilo con una altro demoniaco villain d’annata, il Jason Voorhees di Venerdì 13.

Premesso il mio apprezzamento per Rob Zombie e il suo stile citazionista rockettaro e iperrealista, bisogna dire che questo sequel/remake tradisce in buona parte suggestioni e atmosfere del mediocre, ma efficace sequel cui si ispira, con alcune scelte dicutibili che fanno pensare che questa moda del reboot, per il sottoscritto una rilettura selvaggia di grandi cult, comincia a figliare qualche mostruosità.

Il film esteticamente è made in Zombie, non si puo negarlo, tutto è fetido, brutale  e anni ’70 quanto basta ad intrigare anche il più restio degli appassionati, purtroppo i personaggi decisamente tagliati con l’accetta (la citazione slasher è d’obbligo), mancano di appeal, a partire dalla nuova Laurie Strode che si trasforma in una psicotica borderline perennemente invasata.

Non dimenticando un Brad Dourif che fa il suo dovere, ma senza guizzi, e il grande Malcolm Macdowell costretto a trasformare il suo dottor Loomis in un irritante e avido scrittore votato al mercimonio, con buona pace del personaggio così ben caratterizzato dal compianto Donald Pleasence.

In questo sequel c’è tanta confusione, da una parte il tentativo di seguire il fil rouge di un icona horror che ha un ricco background da cui attingere, dall’altra il bisogno di personalizzare il film, bisogno che ci sembra giustificato visto il talento di un regista che ci ha regalato le disturbanti atmosfere del memorabile La casa dai 1000 corpi.

Zombie però non riesce a dare equilibrio e spessore ad uno slasher-movie che ci mostra senza pietà le debolezze ed i limiti dei prototipi, film che giocavano tutto su tensione, colonna sonora e villain, tre elementi che nel  film di zombie o mancano o lasciano perplessi.

In Halloween 2 si continua a psicanalizzare Myers, le visioni con cavallo bianco ed eterea mammina a volte sono davvero stridenti, gli omicidi, parte vitale in uno slasher-movie, sono si brutali, ma ripetitivi e inquadrati o a distanza o in penombra, la tensione latita a più riprese, il film ha dei momenti di stanca davvero letali per un thriller/horror, Myers si trasforma a più riprese in Jason Voohrees, cosa che voluta o no alla fine diventa irritante, e per non parlare del finale, che non staremo certo a raccontarvi, ma che ha un paio di clamorose scivolate nella comicità involontaria.

La pellicola di Zombie rimane una cocente delusione, un frullatone che miscela pericolosamente il cult di Carpenter con classici come Psycho e B-movie come Venerdì 13, infilandoci anche tutta l’iconografia del regista, risultato tanta confusione, una suggestiva fotografia e qualche stilosa inquadratura.