Baciami ancora, recensione

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Nove anni sono passati dagli accadimenti de L’ultimo bacio, gli anni e l’esperienza accumulati non hanno spento del tutto la foga e la voglia di vivere dei protagonisti, ma certo ne hanno amplificato nevrosi, fobie e l’inconscia delusione di chi è consapevole che la vita non coincide mai, o almeno quasi mai  con sogni e desideri.

I trentenni di allora hanno raggiunto i fatidici anta, un’età che si accompagna non solo con una maturazione emotiva ed una nuova consapevolezza, ma anche con un surplus di nevrosi, responsabilità molte volte subite, rapporti falliti e occasioni perse, che a volte si trasformano in una claustrofobica paura di non poter più sfuggire ad un percorso e ad un viaggio obbligato, impossibile da interrompere o modificare.

Così ritroviamo Carlo (Stefano Accorsi) diventato nel frattempo padre, dall’animo perennemente in contraddizione e che vorrebbe ricostruire un rapporto con l’ex-moglie abbandonando i sicuri lidi di una relazione confortante e confortevole e Marco (Pierfrancesco Favino) che combatte con un’improvvisa fragilità emotiva che lo spiazza e che nasce dalla frustrazione di un figlio mai avuto e di una moglie perennemente infelice.

A loro si uniscono Paolo (Claudio Santamaria), Adriano (Giorgio Pasotti) e Alberto (Marco Cocci), il primo perdente, depresso e insoddisfatto cronico è ora sposato e prigioniero di un desiderio di fuga mai esaudito, il secondo afflitto dai sensi di colpa per un figlio ed una moglie abbandonati dieci anni prima per finire dall’altra parte del mondo in una prigione colombiana è ora alla disperata ricerca di una difficile redenzione e infine Alberto che cerca di sfuggire ai legacci di una vita sin troppo regolata, rivalutando l’idea di fuga e di viaggio come bisogno di riappropriarsi della propria vita.

Muccino dopo la trasferta americana torna a lavorare in Italia, riunisce il cast de L’ultimo bacio, Giovanna Mezzogiorno esclusa e cerca di dare un seguito al suo affresco generazionale e di tirare le fila delle vite alla deriva ed emotivamente traballanti di quei trentenni, ma purtroppo non riesce a compensare una fisiologica mancanza di spontaneità, neo che inevitabilmente affligge tutti i progetti troppo pensati.

Il Muccino di Baciami ancora non è certamente lo stesso de L’ultimo bacio, la sua esperienza all’estero, l’esplorazione di un cinema diverso per contenuti, approccio e intenti lo hanno sicuramente cambiato, come sono cambiati e maturati gli attori che se nel film precedente trasmettevano spontaneità ed entusiasmo, qui sembrano imbrigliati in personaggi troppo inquadrati e prevedibili nel loro percorso di maturazione emotiva.

Il film resta comunque godibile e il cast nel complesso fa il suo dovere, Favino è sicuramente il migliore, ma la forza del primo film, la sua energia, quella che traspariva da ogni personaggio ricco di contraddizioni, sfumature e vitalità qui si perde in una pellicola sin troppo impostata, progettata, costruita e che palesa lo stesso difetto che denuncia con tanto fervore Muccino nel suo script, l’essere prigioniera di un’evoluzione mancata e mancata protagonista di un viaggio pensato, voluto, ma purtroppo mai realmente intrapreso.