Adventureland, recensione

adventureland1Anni ’80,  James Brennan (Jesse Eisenberg) sta per affrontare il difficoltoso mondo del lavoro e il passagio rituale dall’adolescenza reiterata all’età adulta, quindi con un bel diploma nel cassetto e tanta voglia di fare, si prepara a togliersi qualche sfizio prima di entrare definitivamente nel mondo degli adulti.

Lo sfizio in questione è un viaggio da sogno in Europa, viaggio che i suoi genitori gli hanno promesso una volta che lui si fosse diplomato. Diploma raggiunto e pronto al viaggio, i suoi sogni di gloria si infrangono sulla realtà del miserrimo budegt familiare minato da una crisi economica nazionale che non perdona.

Non appena James ha superato il primo fisologico momento di panico e disperazione, decide di pagarselo da solo questo benedetto viaggio e si mette in cerca di un qualsiasi impiego che gli permetta di realizzare prima dell’autunno il suo proposito. Purtroppo l’unico lavoro che james riesce a trovare è come impiegato in un ameno e decisamente triste parco dei divertimenti, l’Adventureland.

Mentre la sua testolina da l’addio al viaggio, la depressione e lo sconforto avanzano, James inizia il suo nuovo e decisamente poco entusiasmante lavoro, ma man mano che conosce i nuovi compagni di lavoro ed entra nell’ottica giusta, questa esperienza si rivelerà non solo piena di piacevoli sorprese, ma lo aiuterà a maturare e a scoprire l’amore…

Greg Mottola, regista e sceneggiatore dello spassoso Suxbad-tre menti sopra il pelo, ripesca ancora nella sua adolescenza e mette su pellicola una sua esperienza autobiografica dandogli un perfetto equilibrio tra comedy, romance e racconto di formazione che stupisce per freschezza e humour.

Adventureland è l’ennesima occasione di saggiare e confermare il talento di Mottola regista e autore, ma principalmente della crescita artistica di Jesse Eisenberg e la bravura ormai assodata della bella Kristen Stewart.

Un film dal look indipendente, ricco di contenuti e che predilige la spettacolarizzazione emotiva dei personaggi a quella della storia in sè, storia che fa da semplice elemento decorativo su cui Mottola disegna abilmente un’esperienza di vita vissuta.