Tutti a casa, recensione

Tutti a casa []8 settembre 1943, la notizia dell’armistizio tra l’esercito italiano e le  forze anglo-americane scatena euforia, ma anche notevole confusione, al grido di tutti a casa molte truppe si sfaldano, le diserzioni si fanno frequenti e difficilmente contrastabili, l’insofferenza si fa sentire anche nella truppa capitanata dal sottotenente Alberto Innocenzi (Alberto Sordi) che si trova a dover fare i conti con un moto di ribellione da parte dei suoi soldati e una serie di defezioni.

Ligio al doivvre Innocenzi cerca di convincere la sua truppa che bisogna attendere gli ordini del comando prima di abbandonare, ma la maggioranza dei suoi subalterni si da alla macchia, con lui rimangono solo il sergenete Fornaciari (Martin Balsam),che è ormai a pochi chilometri da casa sua, e il soldato semplice Ceccarelli (Serge Reggiani) che deve ragggiungere Napoli e non se la sente di affrontare il lungo viaggio da solo.

I tre indossati abiti civili si mettono in viaggio verso casa, lungo la strada incontreranno alcuni partigiani, assisteranno all’esecuzione per mano dei tedeschi di un loro commilitone reo di aver coperto la fuga di una ragazza ebrea, e giunti a a casa di Ceccarelli quest’ultimo finirà arrestato per aver dato asilo ad un soldato americano.

Innocenzi e Ceccarelli riprenderanno il loro viaggio, ma per loro ci saranno ancora molti ostacoli da superare e scelte da fare, prima di poter affermAre senza dubbio alcuno che la guerra è realmente finita.

Tutti a casa è un grande classico del cinema italiano, il regista Luigi Comencini adatta la rodata formula della commedia all’italiana utilizzando uno dei suoi maggiori  rappresentanti, l’albertone nazionale, per miscelarla con arguzia al cinema neorealista, sfornando una splendida dramedy come direbbero gli americani, che ricostruisce un pezzo di storia d’Italia con una partecipata e realistica sfumatura malinconica.

Da segnalare un Alberto Sordi meno gigione e spinto in più di un’occasione verso i territori del dramma bellico, ma senza abbandonare  mai la sua riconoscibile maschera comica che in più di un’occasione smussa la crudezza di un racconto forte e a tratti spietato, nel descrivere la confusionaria anarchia di un paese senza più una guida, dove in un devastante gioco al massacro si cercano disperatamente punti di riferimento nel conforto della propria famiglia e nella labile, ma sempre confortante sicurezza della propria casa.

UNA SCENA TRATTA DEL FILM