Recensione: The interpreter

Un’interprete delle Nazioni Unite, Silvia Broome (Nicole Kidman), ascolta inavvertitamente una conversazione in cui si parla di un complotto ordito per assassinare una importante personalità politica,  Con l’intervento delle autorità, ad indagare sul presunto complotto viene chiamato un agente dei servizi segreti statunitensi Tobin Keller (Sean Penn)

Le indagini sembrano portare ad un nulla di fatto, nonostante l’omicidio di una collega di Silvia ed alcuni sospetti, Keller sembra non  dare molta credibilità alla bella testimone. Ad un certo punto quando Silvia ormai presa dallo sconforto quasi rinuncia a perorare la propria causa, indizi e frammenti dei verità si fanno più chiari, ed il bersaglio dell’attentato sembra essere realmente il Presidente della Repubblica Democratica di Matobo, Edmond Zuwanie.

Zwanie è atteso alle Nazioni Unite per tenere un’importante discorso durante l’assemblea generale per rispondere delle accuse di genocidio e pulizia etnica, figlie, secondo la Corte Penale Internazionale, di un sanguinoso regime dittatoriale che il politico da anni usa come arma contro gli oppositori.

La situazione si complica ulteriormente quando Silvia scoprirà che suo fratello, Simon, è in grave pericolo, perchè sembra essere riuscito ad organizzare un’incontro tra i maggiori oppositori del regime di Zwanie, un incontro che si terrà di li a pochi giorni, e che potrebbe costargli la vita…

The interpreter è un buon thriller, privo di qualsivoglia scena d’azione, spoglio di fronzoli stilistici, si basa prinncipalmente sulle performance della coppia kidman/Penn, entrambi bravi ed in parte, nonostante la loro prova risulti a volte notevolmente sottotono rispetto al livello cui ci hanno abituati, ma questo non è un problema imputabile a loro, ma al poco spessore dato ai loro personaggi dagli sceneggiatori.

Questo thriller soffre forse di un eccesso di formalità e di uno stile che ne minano le grandi potenzialità ed il fascino da intrigo internazionale di cui è permeata la pellicola, ma che il regista Sidney Pollack, maestro del genere, smorza nei toni e nell’intenzione.

Comunque un film da vedere, per la classe e l’indiscussa bravura dei due protagonisti, e per godersi un discreto intreccio che se pecca forse di ritmo, riesce comunque ad intrattenere con efficacia.