L’incredibile viaggio della tartaruga, recensione

Assistiamo all’odissea di una piccola tartaruga che dalle coste dell’assolata Florida  intraprende un lungo e faticoso viaggio seguendo il proprio istinto, che come una sorta di navigatore naturale gli fa ripercorrere il tragitto battuto per milioni di anni dai suoi anternati, incontrando mille difficoltà lungo una rotta irta di ostacoli che si frapporranno tra lei e il suo obiettivo ultimo, toccare le spiagge del continente africano per poi ripercorrere a ritroso il tragitto per tornare alle natie spiagge statunitensi.

Un viaggio che ha coinvolto il regista Nick Stringer apprezzato documentarista per un periodo di cinque anni, documentando i mille pericoli figliati dalle insidiose acque dell’oceano Atlantico che la coraggiosa protagonista ha affrontato e fortunosamente evitato in tandem con la troupe di Stringer, che dal canto suo tra tempeste, squali e meduse velenose ha dato doverosamente il proprio contributo.

Il formato è quello classico in stile National Geographic dei grandi documentari naturalistici che farà la felicità dei fruitori di canali tematici, mentre un occhio di riguardo sembra essere rivolto verso i piccoli spettatori che potranno esplorare splendidi paesaggi acquatici, fondali marini da sogno e fruire di una piccola protagonista con cui immedesimarsi, un pò come è accaduto di recente in formato cartoon con il delizioso lungometraggio d’animazione Belga Le avventure di Sammy, accompagnati in questo viaggio pieno di meraviglie tutte da scoprire, gentilmente offerte da Madre natura, dalla voce di Paola Cortellesi che sostituisce quella originale dell’attrice inglese Miranda Richardson.

L’incredibile viaggio della tartaruga è un’occasione per fruire di un documentario dalla realizzazione di altissimo profilo con l’aggiunta di un taglio squisitamente cinematografico, il regista Nick Stringer conosce a fondo la materia e dopo aver raccolto ore ed ore di materiale passa in sala montaggio dove in questo tipo di operazioni si fa la differenza, come accade puntualmente in questo caso, dove si è riusciti a regalare alla pellicola quell’ampio respiro e quel narrare poetico che richiamano con decisione atmosfere e suggestioni da grande schermo.