Recensione: Doomsday

A volte ci si chiede quali siano le vie misteriose che il Signore segue per decidere quali siano i film che verranno prodotti, e quali invece rimarranno solo delle mere idee.

Sono domande a cui difficilmente possiamo dare risposta, ma il cui insorgere irrompe prepotentemente nelle menti degli spettatori dal momento in cui questi si siedono sulla poltroncina del cinema, e si trovano davanti film come Doomsday.

Doomsday è in film di cui non si riesce profondamente a cogliere la ragione d’essere. Un misterioso virus, chiamato originalmente Reaper, giustificato in venti secondi di preambolo, stile film porno, decima la popolazione della Scozia, che viene di conseguenza messa globalmente in quarantena.


Dopo molto tempo sembra che questa si sia ridotta a una landa desolata, e per sicurezza viene ancora sorvegliata dall’alto delle mura che sono state erette allo scopo di arginare il diffondersi del virus.

Tuttavia pare che ci dall’interno delle mura provengano ancora segni vitali, e dato che sembra che il virus stia ricomparendo al di fuori, viene mandata d’urgenza una squadra speciale per verificare l’identità dei sopravvissuti e, dato che ce ne sono, un’ eventuale cura.

Fin qui sembra tutto banalmente normale. Ma le cose non stanno così: Doomsday è un grottesco e per questo divertente bricolage di vari film e vari generi, e in certi momenti si stenta a seguire il ritmo della mole di citazioni e scene riprese da altri film che ci vengono proposte.

La protagonista, Eden Sinclair (Rhona Mitra), è un’eroina post apocalittica dall’indubbio effetto estetico, dato che è una bellissima ragazza, ma la sua super potenza e la sua assurda invulnerabilità la rendono una macchietta, scimmiottamento neanche tanto riuscito dell’eroina di Resident Evil.

La storia del virus passa subito in quarto piano per essere soppiantata da una serie di scene grottesche e ridanciane, violente al massimo, in cui tra decapitazioni e esplosioni di sangue il cinema era immerso nelle risate più grasse.

C’è tutto: c’è l‘ambientazione post-apocalittica, c’è l’eroina potente al punto giusto, ma ci sono anche i cattivi di Mad Max, le atmosfere di Interceptor, scontri analoghi a quelli che si possono vedere in film come Aliens, il tema del virus, e qualche purulento malato che potrebbe perfino rimandarci agli zombie moderni.

Chiaramente il tutto perde definitivamente consistenza quando i nostri protagonisti si imbattono in un gruppo di soporavvissuti che ha re-costituito un vecchio maniero e vive seguendo principi e abitudini medievali, indossando perfino vestiti adatti all’occasione, come armature pesanti, cavalcando grossi destrieri.

All’arrivo di questi sulla scena, capitatanati da un serissimo Malcolm Mc Dowell, in sala c’è stato un boato di approvazione, visto che ormai, si facevano scommesse su quale sarebbe stato il successivo riferimento cinematografico.

Il film tuttavia non è fatto male, e se lo prendete nel modo giusto, e lo assicuro, potrete anche divertirvi, ma non aspettatevi assolutamente niente, se non qualcosa di veramente trash.

Non che io rinneghi ciò che è trash, ma ci sono aspetti, come l’analisi dei rapporti di parentela dei personaggi, che sono lasciate a se stessi completamente, accennati, dichiarati, e lasciati lì, come delle didascalie, e che andavano un minimo approfonditi.

Il commento del tipo che si trovava nel posto dietro al mio è stato lapidario e ha riassunto l’esperienza in poche parole: “Ci mancavano solo Stanlio e Ollio“!