Recensione in anteprima: I Love Radio Rock

Nel 1966 venticinque milioni di persone in Inghilterra, cioe più della metà della popolazione britannica, seguiva le trasmissioni pirata di alcuni facinorosi e anarchici amanti del rock’ n roll, mentre il governo intollerante a questa musica considerata da depravati e sovversiva tentava in ogni modo di rendere queste radio illegali allo scopo di farle chiudere.

Tra queste radio c’era la famigerata ed amatissima Radio Rock, un gruppo di bizzarri e folli DJ trasmetteva, da una nave nel bel mezzo del Mare del Nord, 24 ore al giorno rock e pop. Sboccati, irriverenti, venivano considerati dall’allora ministro inglese Dormandy (Kenneth Brannagh) una piaga da eliminare. Sarà proprio lui a perseguitare, senza successo, la folle banda di fuorilegge dell’etere, capitanata da due bizzari  personaggi un pò fuori di testa conosciuti come Il conte (Phillip Seymour Hoffman), il leader dei DJ e Quentin (Bill Nighy) il produttore e ideatore di Radio Rock.

Seguiremo le vicissitudini  del giovane, timido ed inesperto Carl (Tom Sturridge), che espulso da scuola viene spedito dalla madre sulla Rock Boat, dove conoscerà tutta la squadra di scalmanati DJ, diventerà uomo e incontrerà inaspettatamente anche il padre mai conosciuto. Radio Rock dopo il varo di una legge appositamente ideata dal governo inglese contro le radio pirata rischierà di chiudere, e le cose si complicheranno non poco per la stramba ciurma guidata da capitan Quentin.

I Love Radio Rock è stata una vera sorpresa, durante la visone ho avuto la stessa sensazione positiva provata durante la visione di un altro film musicale made in England, Velvet Goldmine, la musica come protagonista, e parte integrante del DNA culturale british, e gli anni narrati in questo I Love Radio Rock sono il fulcro di un movimento generazionale che utilizzava la musica per esprimere se stesso oltre le convenzioni.

Il regista Richard Curtis usa la commedia in tono surreale e personaggi da fumetto, non per raccontare il rock degli anni ’60 nella sua veste più realistica e iconografica, ma per narrarci gli anni ’60 e la musica atrraverso il filtro di quello che rappresentavano o avrebbero voluto rappresentare per una intera generazione che si è nutrita di musica e di miti, di slogan e tanto entusiasmo per un veicolo trasgressivo e d’evasione come era a quei tempi il rock.

Un cast stratosferico per una performance travolgente, colonna sonora che incanta, commuove e va dritta al cuore, una cavalcata nei ricordi di ognuno. Che la ciurma di Radio Rock fosse inglese, non è importante, le loro mise assurde, i capelli lunghi, i basettoni, il sesso e la musica come antidoto alla vita sono universali, scommetto che tutti vorremmo almeno per un giorno aver fatto parte di questa folle famiglia dannatamente alternativa.