L’angolo rosso, recensione

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Jack Moore (Richard Gere) è un avvocato di successo che si guadagna da vivere mediando affari internazionali per una società dii telecomunicazioni, stavolta è in ballo un importante e delicato contratto con il governo cinese pronto a stabilire un importante collaborazione commerciale con gli Stati Uniti. Alla vigilia della firma del contratto Moore incontra in un locale un’avvenente modella cinese con cui passa la notte.

Purtroppo il risveglio sarà alquanto brusco, la donna che giace nel suo letto è stata uccisa nottetempo e Jack ha una sorta di vuoto riguardo la notte appena trascorsa, ma per le autorità cinesi il caso è gia risolto, Moore viene arrestato e diventa l’ignaro protagonista di un gioco di potere che lo vedrà rischiare una condanna a morte per omicidio.

Moore verrà difeso d’ufficio dalla giovane Shen Yulein (Bai ling), che in prima battuta cercherà di patteggiare una condanna chiedendo all’uomo di dichiararsi colpevole, poi grazie ad alcuni indizi e alla fiducia creatasi tra lei e Moore, alcune incongruenze verranno a galla, ne seguirà una provvidenziale evasione di Moore dalla prigione che gli permetterà di raccogliere abbastanza indizi per tornare in aula e portare alla luce una cospirazione governativa.

L’angolo rosso diretto dal regista Jon Avnet (Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, Sfida senza regole), nonostante abusi ripetutamente di clichè e stereotipi del genere, miscelando thriller invstigativo, legal thriller e un pò di action, riesce, anche grazie ad un Richard Gere particolarmente efficace, a creare un certo appeal visivo e nonostante una certa formalità di fondo, il film si rivela ben confezionato e a tratti coinvolgente.

Bisogna anche dire che miscelare l’impegno e l’intrattenimento non è mai stata un’operazione semplice, tutt’altro, solitamente uno o l’altro obiettivo prendono il sopravvento scontentando inevitabilmente qualcuno, in questo caso la quotidiana violazione dei basilari diritti umani, unita ad un solido script che prevede molte incursioni nell’intrattenimento puro, sono ben bilanciate e danno alla pellicola una marcia in più.

Concludiamo con due piccole curiosità, la prima è la prevedibile e per nulla positiva reazione del governo cinese all’uscita del film con qualche tensione tra le diplomazie dei due stati, mentre la cosa più interessante e che la quasi totalità del film è stato girato  nei teatri di posa di Los Angeles con alcuni suggestivi scorci di Pechino rminuziosamente ricostruiti per l’occasione, il resto lo ha fatto la magia del grande schermo.