La casa degli spiriti, recensione

THE HOUSE OF THE SPIRITS Big sleeve []Storia e vicissitudini della potente famiglia Trueba dalla fine degli anni ’20 sino al colpo di stato che nel 1973 porterà al potere il dittatore militare Pinochet. Nel 1928 Esteban Trueba (Jeremy Irons) lavora nelle miniere nel nord del Cile con l’unico scopo di realizzare il suo sogno, diventare abbastanza ricco da poter chiedere la mano della sua Rosa (Meryl Streep), ma la tragedia è in agguato e l’amata muore prima che il sogno di Esteban si materializzi.

Esteban si concentra così sulla sua brama di potere e ricchezza, acquista e riporta all’originale splendore una meravigliosa tenuta, mentre si fa largo negli insidiosi meandri della politica, nel frattempo Clara che aveva predetto la morte di sua sorella Rosa si ritira con la madre di Nivea (Vanessa Redgrave) a vita privata chiudendosi in un mondo misterioso ed incorporeo.

Esteban qualche anno dopo la sposerà e la porterà a vivere nella sua grande tenuta, con loro anche Ferula (Glenn Close) la sorella nubile di Esteban. Clara sfrutterà le sue particolari doti per controllare il destino della famiglia e di tutti i suoi membri, scoprendosi anche anima affine con la cognata.

Esteban continua con successo la sua scalata al potere, ma in casa le cose peggiorano, la sua autorità viene meno e le donne della famiglia lo escludono coltivando segreti e passioni inconfessabili, come la figlia di lui, Bianca, ribelle e anticonformista che amoreggia (Wynona Rider) con il mezzadro Pedro (Antonio Banderas), rifiutando il marito scelto per lei dal padre.

E quando Clara si schiererà apertamente con la figlia contestando per l’ennesima volta l’autorità del marito, mentre nel paese la dittatura militare e il suo carico di sofferenza è ormai alle porte, tra padre e figlia la tensione diverrà insostenibile.

Sontuoso melò  familiare sullo sfondo di un Cile in costante involuzione politica, il film del regista Bille August è tratto da un romanzo di Isabel Allende scrittrice cilena che ha vissuto in prima persona la tragica fase politica del suo paese e tutte le sue nefaste conseguenze. August adatta il voluminoso racconto conservandone le suggestioni storico-politiche e la forza dei personaggi principali, il resto rimane sullo sfondo in un elegante e tormentato ritratto di famiglia, che come tutte le trasposizioni da romanzi nasconde le sue fisiologiche insidie.

Il regista, che negli anni a venire adatterà altri due best seller Il senso di Smilla per la neve e l’intenso Il colore della libertà vola alto, forse troppo, un cast di quelli memorabili riesce a puntellare qua e la una sceneggiatura non sempre all’altezza del materiale umano ed emotivo a disposizione, la storia langue in piu di un’occasione, comprensibile vista la mole del romanzo e la scelta di sacrificarne una corposa parte per un miglior rendimento cinematografico.

Chi ama la sontuosità del tormento in costume non potrà non apprezzare il grande impatto visivo che questa saga familiare trasmette, questo grazie alla messinscena e al cast naturalmente, nonostante quest’ultimo in più di un’occasione risulti poco amalgamato, ma comunque dotato di un naturale e talentuoso carisma da palcoscenico a cui lo spettatore difficilmente potrà resistere.