Kill Switch, recensione

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Jacob King (Steven Seagal) un detective della polizia di Memphis combatte quotidianamente con il traumatico ricordo d’infanzia della morte del fratello genello avvenuta per mano di un assassino mai catturato.

King diventa un’esperto di omicidi seriali e dopo essersi occupato personalmente di Billy Joel Hill, un killer che uccide impiantando ordigni esplosivi a tempo nel corpo delle sue vittime, passa ad una altro psicopatico in cerca di visibilità, il killer Lazarus predatore sessuale seriale che predilige prostitute e si gingilla con astrologia e crittogrammi.

Mentre King è alle prese con una zelante agente dell’FBI e con il suo dipartimento che visti i suoi metodi spicci e violenti con gli indiziati lo considera uno psicopatico, riesce a mettersi sulle tracce di Lazarus decifrando alcuni crittogrammi, ma le cose si complicano quando il killer cerca di incastrare lo stesso King piazzando ad arte prove incriminanti sui corpi delle sue vittime.

Frattanto Hill uscito su cauzione cerca vendetta e sfoga la sua rabbia contro la fidanzata di King uccidendola, contribuendo così ad aumentare i sospetti sul detective che dovrà lanciarsi in una doppia caccia all’uomo per dimostrare la sua  estraneità agli omicidi e chiudere definitivamente i due casi.

Steven Seagal torna in patria con un action-poliziesco stavolta non girato nei paesi dell’est, con un minimo di trama e con una tardiva e limitata  distribuzione nelle sale statunitensi che ci fa presagire un impegno creativo e produttivo inaspettato.

Intanto da noi il film come di consueto avrà la canonica distribuzione direct-to-video con il rischio di confondersi con la sequela di action-fotocopia che lo ha visto protagonista in questi ultimi anni, e sarebbe un peccato perchè in questo caso siamo un tantinello sopra la media dei prodotti seriali cui ci aveva abituato mr. Nico.

Kill switch è un thriller molto cupo che ripesca il poliziotto iperviolento e giustiziere del discreto Giustizia a tutti i costi. Le rughe e l’imbolsimento di Seagal in questo caso aiutano a delineare un personaggio traumatizzato e borderline che utilizza il distintivo come mezzo per una giustizia tout court contro killer seriali che rappresentano un fantasma che ha segnato la sua infanzia.

Efficace location e comprimari davvero niente male, Seagal stavolta ci sorprende positivamente, non che questo ne elevi più di tanto le capacità attoriali, ma grazie anche ad un finale per una volta non banale, ci troviamo di fronte ad un decente thriller/poliziesco a cui sinceramente non eravamo preparati.