Fuocoammare, Gianfranco Rosi riceve applausi alla Berlinale

Lampedusa sbarca al Festival di Berlino. Oggi è stato il giorno di Fuocoammare, l’unico film italiano alla Berlinale.

Il risultato? Il docu emoziona e convince la platea del Festival. D’altronde, Gianfranco Rosi ha saputo raccontare con maestria abitanti e migranti in quell’isola che è il confine simbolico dell’Europa. Il film, in concorso, era particolarmente atteso in un’edizione che si è aperta sotto l’ombra della emergenza profughi, evocata da Meryl Streep presidente di giuria e da George Clooney che ha appositamente incontrato la cancelliera Angela Merkel. Il direttore della Berlinale, Dieter Kosslick, lo ha definito “un film potente”. Dopo aver vinto il Leone d’oro con Sacro GRA, il cineasta si è trasferito a Lampedusa, dove ha vissuto per oltre un anno, raccontado i diversi destini di chi vive nell’isola che è il confine simbolico dell’Europa.

Fuocoammare (in sala dal 18 febbraio) è incentrata su Samuele, ragazzino lampedusano ha dodici anni e va a scuola, tira con la fionda alle bottiglie, spara con un finto mitra contro il cielo. E’ capace di fare il verso agli uccellini e comunicare con loro. Cerca di addestrarsi ad andare in mare, come facevano suo padre e suo nonno ma in fondo sa che quella non sarà la sua vita. Dice Rosi: “Abbiamo filmato la sua prima uscita in mare, ho scoperto che soffre di mal di mare come me. Scherzavamo: “quante volte hai vomitato? Io quattro”, “Io cinque”. Samuele, la visita oculistica che gli certifica l’occhio pigro, lo zio pescatore, la nonna che cucina il pescato, Pippo che gestisce la radio, come gli altri abitanti di Lampedusa, sono testimoni – inconsapevoli, muti, partecipi – della grande tragedia contemporanea.

L’invito a partecipare al festival è arrivato dalla Berlinale mentre Rosi stava terminando il montaggio del film, sull’isola:

E’ stato importante montare a Lampedusa. Scherzando con Jacopo Quadri, che ha curato il montaggio, parlavo di “editing method”, nel senso di quel metodo di immersione totale che praticano gli attori. Jacopo ha fatto amicizia con i pescatori, è andato a mangiare a casa di Samuele. Entrare in contatto, respirare l’isola è stato fondamentale. Ci sono voluti due mesi. Abbiamo dovuto chiudere perché ci aveva chiamato la Berlinale”.