Catwoman, recensione

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Patience Phillips (Halle Berry) come il suo nome stesso suggerisce ha la pazienza di una santa, sempre pronta a scusarsi anche quando non ce ne sarebbe bisogno, piena di fobie e totalmente inadatta ad avere qualsiasi contatto con l’altro sesso causa una timidezza ed una goffagine che ne fanno una ragazza dolcissima, ma irrimediabilamente infelice.

Patience lavora per una multinazionale di cosmetici capitanata dal luciferino George Hedare (Lambert Wilson) e dalla sua compagna ed ex-modella Laurel (Sharone Stone). Una bella sera Patience ha la sfortuna di assistere ad una discussione in cui si rivela che l’ultimo miracoloso prodotto lanciato sul mercato da Hedare oltre a dare dipendenza, ha devastanti effetti collaterali per le ignare  consumatrici.

la ragazza verrà inseguita da due scegnozzi di Hedare intenzionati a zittirla per sempre, quando dopo una terrificante caduta Patience perderà la vita, vita che gli sarà reinfusa da una moltitudine di gatti che troverano il suo corpo esanime. Così Patience al suo risveglio scoprira di possedere una serie di superpoteri felini che deciderà di utilizzare per vendicarsi dei suoi aguzzini e per riscattarsi da una vita scialba e sottomessa.

Bisogna dire che il film del regista francese ed esperto di effetti visivi Pitof (Vidoq) non manca visivamente di spunti interessanti, il regista ha uno squisito tocco visivo tipicamente europeo con una deriva kitsch e fumettosa che però mal si coniuga con le intenzioni da cinefumetto dei produttori hollywoodiani.

Così ci troviamo di fronte ad un film senza un’identità ben delineata con alcune trovati intriganti, come la mitologia delle donne gatto, una sensuale e talentuosa protagonista e la bravura di una Sharon Stone che ironizza su se stessa e la mania  dell’eterna giovinezza, che però si perdono in una storia prevedibile che non decolla mai e si diluisce in situazioni scontate e senza mordente.

Pitof mette in campo effetti  speciali oltremodo fumettosi e in molti casi stridenti con la messinscena e spreca tutte le potenzialità di un’ambigua eroina che poteva davvero colpire nel segno, vedi Michelle Pfeiffer nel Batman di Burton, e che invece finisce immeritatamente nel dimenticatoio.

Catwoman nonostante il tentativo coraggioso di coniugare lo stile europeo con lo spettacolo americano, naufraga nella noia senza lasciare traccia di sè, e va sicuramente annoverato tra i cinefumetti peggiori di sempre accanto allo Spawn di McFarlane.