Il passaggio di Troy

Nel tentativo di stabilire un ponte comunicativo con una persona che ti anticipa, stabilendone uno forse più efficiente del tuo, si esperisce effettivamente una sorta di dissonanza; questo mi fa pensare che alla fin fine sia una realtà concreta, quella della patologizzazione dei normali aspetti di personalità delle persone.

Attenzione, allarme terapia. A volte penso che il colloquio con uno specialista non serva ad altro che a sostituire le parole di un amico, o quelle di un parente, o chi per lui. A volte serve a dare delle conferme cercate, conferme su verità mai sempiterne che affiorano nella nostra mente al momento in cui abbiamo l’illusione di essere alla fine di un percorso.

Troy è sull’orlo di un passaggio, si tratta di un passo nel vuoto, la seconda prova che Indy affronta nel terzo capitolo della sua saga. Il movimento e la crescita sono talmente scontati negli altri, che ci concentriamo solo nei problemi, unici e irripetibili, che siamo noi a dover affrontare, noi, parametro del mondo.

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Speedman e il bivio

La vita di una superstar non è paragonabile con quella delle persone comuni; certo, si tratta di un luogo comune, ma dovete pensare alla mente di una persona che non ha vissuto come e dove abbiamo vissuto noi. Dobbiamo pensare a quello che, a un certo punto della vita, ci si può parare innanzi.

Non siamo tutti uguali, e non sto parlando di qualità, almeno non solo. Siamo tutti miracoli in potenza, esplosioni in procinto di essere, che poi risultano mediamente in un lento bruciare; c’è chi poi non si accende mai, e c’è chi, come Speedman, esplode davvero.

Sono pochi, e vivono tutti a Hollywood. Sono esplosioni che durano nel tempo, sono così pochi rispetto alla media della popolazione, che quasi tutti le vediamo, o le abbiamo viste, e per noi sono più simboli che persone, icone, immagini della cui reale natura sappiamo poco o niente.

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Wall-e e una nuova speranza

Il rumore che fa mentre si sposta in un silenzioso pianeta terra fatto per la maggior parte di detriti e spazzatura, è forte quanto lo sono le sue pretese nei confronti della vita. Il modo attento con cui svolge ogni compito ricorda il Disturbo Ossessivo Compulsivo.

Non si tratta di questo, però. Wall-e è una macchina. Non ha disturbi psichici, ma semplicemente un programma che gli dice di fare quello che deve fare; e lui lo fa, senza lamentarsi, senza opporre alcuna resistenza; soprattutto lo fa senza noia, e senza arroganza. Lo fa e basta.

Del resto a un certo punto della sua giornata, quando il sole comincia a calare, un sole annoiato del monotono panorama terrestre, e che a volte si rallegra nel vedere il robottino al lavoro, arriva l’ora di tornare a casa. La solitudine è una condizione naturale per Wall-e, ma non per questo necessaria.

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James Bond – Agente 007 con licenza di uccidere

James Bond sembra avere un carattere generativo per quanto riguarda la storia personale. Ha l’aria di essere una fucina di eventi di vita, infinita quantità di mattoni atta a costruire una figura intensa, densa di caratteristiche uniche e speciali.

Speciale lo è, sia come agente, sia come uomo. Alla ricerca di qualcosa che cambia nel corso delle sue incredibili avventure. Si muove nell’ombra con la certezzadi chi ha il bersaglio chiaro fin dal giorno della sua nascita, ma il bersaglio cambia forma, cambia faccia, cambia posizione.

Chiamarlo bersaglio è una distorsione. Si chiama obiettivo, per lui e per qualsiasi altra persona. Pare impossibile, ma essere speciale, essere invincibile, non lo rende diverso. La precisione con cui colpisce, la chiarezza che ha in mente quando escogita un piano, tutto questo non lo rende necessariamente “diverso”.

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Ben Carson: lo sguardo da dietro lo specchio

A volte ci si ritrova ad essere spiazzati dalla nostra stessa immagine, quando ci guarda, inacciosa, dallo specchio. Forse proprio perchè si ha l’impressione che oltre alla nostra immagine possa riflettere anche la nostra rabbia, le nostre paure, i nostri sbagli.

Ben Carson non ha mai smesso di avere paura, neanche quando l’alcol lo riempiva fino agli occhi; si tratta del tipo di paura che ha la persistenza e l’intonazione dell’eco del Big Bang, una paura che in molte persone non viene mai risvegliata, ma che schizza fuori come da un’arteria recisa, magari grazie a un colpo di pistola, magari se siamo noi a infliggerlo e non a riceverlo.

La paura di diventare ciò che non si crede di essere ci rende cinici, e frustra le nostre speranze. Non ci sono parole per raccontare cosa c’è oltre lo specchio; Alice ce lo racconta in un modo tutto suo, a si tratta di un passaggio tutt’altro che fiabesco.

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Rick O’Connell: dipendente dall’avventura

Il suo sguardo aperto sembra spaziare continuamente su uno dei tanti orizzonti che ha esplorato. Quando anche il silenzio lo circonda, i pensieri sorvolano la sua mente; le avventure del passato raccontano l’oggi, e stare seduti a sorseggiare del whisky non spegne quel rumore interno, che si traduce in voglia di avventura.

Pensando a lui, mi viene in mente il problema, generico, delle dipendenze. Mi spiego meglio. Il fatto è che quando siamo su un aereo che precipita a tutta velocità verso il suolo, proviamo emozioni differenti. C’è una sorta di mismatch tra noi: io chiuderei gli occhi, cercando un istantaneo oblio. Lui no. Anche Rick O’Donnel ha paura, ma spalanca gli occhi, e magari riesce pure a scherzarci.

La questione è che c’è chi, di certe cose, non può fare proprio a meno. La dipendenza dall’avventura non è un quadro clinico conclamato, ma nel suo caso andrebbe istituito. In una società che ti spinge in modo piuttosto insistente verso un certo tipo di vita, mi rendo conto che anche per uno come lui non sia facile lasciar esplodere sempre questa coazione a ficcarsi nei guai.

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Hancock cosa pensa?

Cosa vuol dire essere un supereroe? Domanda dalla risposta non banale. Cosa è un superpotere? Ancora peggio, così rischiamo di brancolare nel buoi fino al prossimo anno. Si rischia di non arrivare a niente nel poco tempo che abbiamo a disposizione.

Cosa vuol dire essere alcolizzati? Altra buona domanda, stavolta con una risposta che trova riscontro ufficiale sui manuali e sui libri di medicina e di salute mentale. So cosa provi, Hancock, li conosco bene gli effetti della dipendenza. So quali sono i criteri per diagnosticarla, certo, ma non so come ci si comporta quando oltretutto si possiedono dei superpoteri.

La domanda sorge spontanea. Sei immortale, sei invulnerabile, perchè buttarsi nell’oblio? La risposta, sempre in forma di domanda, segue immediatamente: e perchè no? Il problema è che la cosa principale, nella vira, è fare qualcosa.

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Kung Fu Panda: Po e Tai Lung analizzati dallo psicologo

C’è forse bisogno di un mediatore per parlare con un’altra persona? Forse ce n’è, quando la lingua che i due interlocutori parlano non è la stessa. Ma in caso contrario? Non voglio star qui a parlare delle difficoltà che le persone hanno oggi nel comunicare, tutto diverrebbe immediatamente prolisso e fuorviante.

Mi sembra di sentire i colpi che questi due riescono a darsi. L’arte di Tai Lung, e il destino di Po, incontratisi a un incrocio, ma provenienti dagli antipodi del mondo. La buona riuscita di un incontro sta soprattutto nel primo impatto.

Il problema è che quello tra loro è stato un pò troppo forte; Tai Lung, l’istinto intrappolato, censurato, tenuto legato per vent’anni, incatenato e inginocchiato, ad ammettere la sua colpa; il risultato di una punizione non è sempre (quasi mai) quello sperato. La rabbia monta, e se prima non voleva sentire ragioni, adesso è resa cieca dagli anni di reclusione nel buio. E aspetta solo di esplodere, in tutta la sua tremenda eleganza e potenza.

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