Recensione : Hellboy

Ebbene Il ragazzo dell’inferno. Guillermo del Toro si prende la resonsabilità di portare sul grande schermo l’arcano protagonista della saga infernale/orrorifica/avventuros creata da Mike Mignola e pubblicata dalla Dark Horse.

Le vicende narrate nella serie ruotano tutte attorno al B.P.R.D. (Bureau for Paranormal Research e Defense), centro per la Difesa e la Ricerca del Paranormale diretto dal professor Broom

Il Bureau accoglie comprende una serie di bizzarri umanoidi che trascorrono la loro esistenza nell’atto di difendere il pianeta dalla sempiterna presenza attentatrice del Male contro il Bene e la stabilità.


Il giovane Hellboy è affiancato nella sua lotta da Abe Sapiens, un uomo-pesce di sovrumane facoltà intellettive, e dalla bella Liz, dotata di una spiccata tendenza alla pirocinesi, decisamente senza controllo.

Il nemico di sempre è Grigori Rasputin, che cerca in ogni modo di portare Hellboy sulla cattiva strada e di usarlo per aprire un portale che permetta ai demoni dell’altro mondo di invadere la Terra.

Hellboy merita un premio per le ambientazioni e la luce che le invade. Il nostro eroe è un duro d’altri tempi, attualizzato dall’ironia demoniaca del suo apparire: la prima immagine che ho di Hellboy è quella di lui che fa i pesi fumando il sigaro.

E poi quel braccione enorme, possente e nodoso. Guardando Hellboy emergono molti aspetti inquietanti. Quello che di lui all’inizio fa più impressione, diventa il salvagente necessario al quale aggrapparsi, di fronte alle mostruosità malvage che ci si parano davanti nell’andare avanti del film.

Hellboy rappresenta ciò che l’educazione e l’apprendimento possono rispetto a ciò che viene imposto dalla genetica e dal mondo di provenienza. Dietro alla maschera impersonata adeguatamente da Ron Perlman, si cela infatti l’ostinato andare avanti di chi non sembra avere proprio tutte le carte in regola.

E’ quindi reale, sono le azioni, e non le origini a descrivere le persone. Perchè Hellboy è buono, rosso, fortissimo, dall’aspetto classicamente diabolico, ma assolutamente confortante.

Visto da un’altra prospettiva, Hellboy rapprsenta un modo alternativo di essere “mascelloni”; pensate ai eroi come Superman, tutti luccicanti nelle loro uniformi. Adesso spariamo loro addosso, non senza una punta di sano sadismo, una micidiale pioggia di zolfo, e rendiamoli più riflessivi e meno bacchettoni.

L’idealismo cede quindi il posto alla concretezza dell’obiettivo, conseguenza immediata dell’attenzione alla sopravvivenza, prima ancora del perseguire l’ideale supremo del bene.

Come se essere un diverso, per giunta piuttosto bistrattato, possa aiutare, in qualche modo, a distinguere meglio il bene dal male, a schierarsi dalla parte giusta, al non aver paura di lottare fino in fondo, una volta che la scelta è stata fatta.