Recensione: Frost/Nixon Il duello

Stati Uniti d’America, 1977: a distanza di tre anni dallo scandalo del Watergate, che portò Richard Nixon (Frank Langella) ad abbandonare la carica presidenziale, David Frost (Michael Sheen), uno showman donnaiolo e giramondo, riesce a strappare a suon di dollari un’intervista a Nixon, con la speranza di potersi affermare definitivamente anche negli States.

Sicuro di poter trovare degli sponsor (che gli volteranno le spalle) che gli finanzino il ciclo di quattro interviste (una sulla politica interna ed estera, una sul Vietnam, una sul Watergate e una sulla vita privata dell’ex presidente), Frost versa duecentomila dollari all’entourage dell’ex inquilino della Casa Bianca (di cui fa parte Jack Brennan, interpretato ottimamente da Kevin Bacon) e si mette alla ricerca dello staff che possa fargli vincere il duello televisivo, visto dal suo avversario come un modo per riacquistare credibilità agli occhi del popolo americano e poter tornare a svolgere in maniera attiva un ruolo politico nel Paese.

David Frost, aiutato da John Birt (Matthew MacFadyen), Bob Zelnick (Oliver Platt) e James Reston (Sam Rockwell) si prepara a sfidare pubblicamente Nixon, ma solo il tempo gli farà capire, che c’è qualcosa di più importante del suo ego (che nel corso della storia subirà più di un contraccolpo), ovvero il bisogno del popolo americano di ricevere le scuse da colui che ha tradito i valori di una nazione.

Forst/Nixon – Il duello è un drammatico con connotazioni di thriller, diretto da Ron Howard, che cerca di raccontare una pagina indelebile della televisione mondiale, ma soprattutto uno dei personaggi più controversi della storia americana, attraverso l’adattamento della pièce teatrale scritta da Peter Morgan.

Il film è metaforicamente rappresentato come uno scontro di boxe: le quattro interviste indicano la durata dall’incontro, le stanze degli staff (che fungono da preparatori dei due contendenti) sono poste ad angoli opposti e Frost e Nixon sono i due pugili (tanto che durante le due ore di film si usano terminologie come “Mettilo alle corde”, “E’ al tappeto”, “E’ un colpo basso” che si sfidano per arrivare alla vittoria finale e affermare la propria superiorità sull’avversario.

A livello di recitazione è difficile chiedere di meglio: ogni personaggio è perfettamente caratterizzato (un plauso particolare va a Frank Langella, che delinea con parole, espressioni e movenze un Nixon altezzoso, caparbio e sicuro di sé) ed è capace di dare al film quella tensione, che in molte occasioni manca alle pellicole che raccontano fatti già noti.

Anche il montaggio ha il suo peso per la riuscita del film: un mix di finte testimonianze dei protagonisti presenti alle interviste, si sovrappone alla storia per aumentare il pathos o spiegare lo stato d’animo, quasi fossero i commentatori dell’incontro.

Concludendo: a parte un patriottismo eccessivamente spiccato, Frost/Nixon piace ed emoziona, perché riesce a rendere lo spettatore parte attiva del film, come il pubblico di un incontro di boxe.