Poetry, recensione in anteprima

Yang Mija (Yoon Jeong-hee) è una donna di sessantasei anni che scopre durante un semplice controllo medico di avere le prime avvisaglie di Alzheimer, la sua vita fino a quel momento vissuta nella routine di un lavoro da badante e la cura del nipote affidatogli dalla figlia, verrà sconvolta da un ulteriore tragico evento che vedrà proprio il nipote coinvolto nel suicidio di una giovane studentessa.

Yang Mija frequenta un corso di poesia in cui cerca di trovare una sorta di rifugio o sfogo a quello che le sta accadendo intorno e che sente di non poter controllare, ma la difficoltà nel comporre una poesia la getta sempre più nello sconforto amplificato da un senso di colpa vissuto al posto del nipote, il quale sembra afflitto da una sorta di apatia verso la tragedia di cui è stato concausa scatenante.

In una sorta di ricerca dell’ispirazione perduta Yang Mija affronterà un viaggio interiore alla scoperta di un’ultima poesia capace di raccontare le sue emozioni e il grande dolore che la sta tormentando e anche se questa sua ricerca avrà un prezzo, la consapevolezza raggiunta le permetterà di aprire il cuore e comporre la poesia tanto desiderata.

Il regista coreano Lee Chang-dong dopo aver messo in scena il binomio follia e fede nel suo Secret Sunshine a tre anni di distanza torna con Poetry dietro la macchina da presa per raccontare in un film minimalista, elegante e di raro spessore emotivo la poesia nella sua forma più tangibile, dandone un immagine ben radicata nella realtà che serve anche da contrappunto per uno sguardo spietato e crudo non tanto sulla società coreana in particolare, quanto sulla società in generale e sull’apatia che affligge le nuove generazioni.

Intensa e quasi ipnotizzante la performance di Yoon Jeong-hee catturata nella sua essenza da una macchina da presa discreta, mai zelante e capace di cogliere sguardi e dinamiche senza eccessi, un lavoro di fine scrittura completa un film che scivola via senza cenni di compiacimento e dona al termine autorale una veste che finalmente parla schietto, senza cadere mai nel melodrammatico e soprattutto non si inerpica in criptiche elucubrazioni, ma racconta con grande garbo una storia dal sapore universale.

Nelle sale dal 1° aprile 2011

Note di produzione: il regista Lee Chang-dong per il soggetto si è ispirato ad un vero caso di cronaca ed ha scritto il ruolo della protagonista appositamente per Yoon Jeong-hee. Il film ha vinto come miglior sceneggiatura (Prix du scénario) al Festival di Cannes 201o.