Parlami d’amore, recensione

In una piovosa notte romana due anime tormentate in cerca di conforto avranno un’incidente d’auto, la depressa e farmaco-dipendente Nicole (Aitana Sánchez-Gijón) incastrata in una vita che sembra non appartenerle più e un matrimonio affossato dalla routine e l’irrequieto, ma romantico Sasha (Silvio Muccino), appena sfrattato da una comunità di recupero dove è stato cresciuto da genitori tossicodipendenti. Nicole si addormeterà al volante investendo l’auto di Sasha e quasi uccidendo un cane, ma questo catastrofico incontro-scontro servirà ai due per conoscersi ed iniziare un rapporto d’amicizia.

Sasha. che al contrario dell’agiata Nicole ha bisogno di lavorare per  vivere. si sta occupando di restaurare una villa per il padre di Benedetta (Carolina Crescentini), la ragazza è una cotta pre-adoscenziale che ha segnato Sasha per sempre. ma la timidezza e la paura di un rifiuto hanno impedito sinora al ragazzo di confessare i suoi sentimenti, il che ci riporta a Nicole che deciderà di aiutare Sasha a corteggiare e conquistare la ricca e un pò snob Benedetta, anche se in cuor suo Nicole sente di provare un sentimento forte per Sasha, il quale dal canto suo è piuttosto confuso e ci metterà un po’ a capire quale siano in realtà le sue priorità amorose.

Debutto alla regia per il fratello d’arte Sivio Muccino, che intelligentemente affronta il grande passo muovendosi all’interno di confini familiari con una sceneggiatura tratta da un suo romanzo scritto a quattro mani con Carla Vangelista anche co-sceneggiatrice dell’adattamento. Chiaramente il film affrontando dinamiche amorose e un tema irto di spigolosità come la dipendenza nel senso piu ampio e deleterio del termine, costringe Muccino a sfruttare all’interno della narrazione diversi spunti melodrammatici alla ricerca di un facile ritorno emotivo da parte dello spettatore, senza contare una parte romance a tratti un po’ forzata, anche se non priva di una gradevole ingenuità di fondo.

Parlami d’amore ha chiaramente molti dei fisiologici e più che comprensibili difetti di un’opera prima ed proprio per questo che andrebbe giudicata come tale, chi per osmosi pretende riverberi di un nuovo Gabriele Muccino prenderà un granchio colossale e chi invece cerca una maturità registica che è naturalmente ben lungi dall’essere raggiunta parte chiaramente prevenuto. L’esordio di Muccino è piuttosto formale, a tratti elegante nella messinscena e rispecchia l’ingenuità di chi ancora non possiede un’adeguata dose di cinismo che avrebbe reso il film senza dubbio meno prevedibile e cosa ancor più rilevante il film nasce dalle pagine di un romanzo, che come spesso capita non sempre su schermo funzionano come dovrebbero.

Note di produzione: nel cast figurano anche Geraldine Chaplin e Flavio Parenti, le musiche sono di Andrea Guerra che ha composto anche il brano della colonna sonora Tear Down These Houses scritto e interpretato da Skin. Il film ha vinto un David Giovani e un Nastro d’Argento 2008 alla miglior fotografia assegnato ad Arnaldo Catinari.