Martyrs: recensione

poster-italiano-per-martyrs-1177622Lucie è una ragazzina che riesce a sfuggire ad un sadico torturatore che la tiene prigioniera in un vecchio mattatoio abbandonato, raggiunta la strada viene ritrovata ed accolta in un istituto, le ferite fisiche col tempo si rimarginano mentre quelle psicologiche si acuiscono partorendo mostri difficile da soggiogare.

Nell’istituto Lucie conosce la dolce e gentile Anna che la prende sotto la sua ala protettiva, le due ragazzine crescono insieme e anna col passar degli anni  sviluppa un affetto che ben presto si trasformerà in amore, ma la sua amica cova una demoniaca presenza dentro di sè, figlia della violenza ricevuta e del sangue versato.

Quando Lucie ormai cresciuta e in preda ad un raptus, irromperà in una tranquilla casa di campagna massacrando un’intera famiglia, toccherà ad Anna lottare con il mostruoso lato oscuro della sua amica.

Martyrs è la giusta evoluzione di quel cinema francese di genere che sta dimostrando a più riprese che l’horror può  ancora dare delle emozioni forti senza per questo perdere di spessore, qualcuno ha parlato di torture-porn, evitiamo paragoni fuori luogo, il cosiddetto tortur-porn  rappresentato da film come Hostel è ancora  ben lungi dal dimostrare il suo valore intrinseco e rimane, almeno per il momento, un mero passatempo voyeuristico.

Invece il regista francese Pascal Laugier si ispira ad un piccolo gioiello come Alta tensione del collega Alexandre Aja per metter in scena una macabra danza della morte che conquista per spessore e sofferenza.

Dopo Frontiers ecco l’ennesimo esempio di come il cinema horror d’oltralpe stia vivendo un periodo felice, se Frontiers si distingueva per l’intrigante citazionismo e  l’eleganza visiva, Martyrs va oltre, da un rinnovato vigore alle paure, mostra gli incubi dotandoli di carne, sangue e dolore, ci sbatte in faccia una violenza estrema, urlata, ma figlia comunque di un pensiero e di un messaggio forte, violenza che figlia violenza, mostri sopiti che albergano in ognuno di  noi.

Quindi promuoviamo a pieni voti il film di Laugier, e gli perdoniamo anche gli eccessi di un finale un pò compiaciuto che va troppo oltre e che eccede in una sorta di catartica euforia liberatoria, e speriamo in altre pellicole di questa qualità, magari italiane.