District 9, recensione

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In Africa negli anni settanta un’astronave fa la sua comparsa sui cieli della città sudafricana di Johannesbourg, il governo non conoscendone le intenzioni e dopo vani tentivi di comunicazione manda al suo interno una squadra di soldati scoprendo alcuni alieni insettoidi all’apparenza inermi, denutriti e in condizioni igieniche estreme.

Gli alieni vengono sbarcati e sistemati in un campo profughi che nel corso degli anni, visto il loro elevato numero e la proliferazione diventa un immenso ghetto dove gli alieni vivono praticamente segregati senza alcuna possibilità di integrazione.

Nel frattempo una multinazionale è interessata alle armi che sono state trovate sull’astronave e studiandole per riprodurne i devastanti effetti si accorge che solo il DNA degli alieni è capace di attivarle, cosi cominciano terrificanti esperimenti in laboratori-mattatoi per creare un DNA ibrido, esperimenti che si rivelano dei clamorosi fallimenti.

Così quando il governo sudafricano decide di sfrattare gli alieni e mandarli in una zona franca lontano dalla città, la multinazionale prende il controllo della missione e  manda dei soldati a scortare un burocrate di nome Wikus all’interno del ghetto per sbrigare la modulistica necessaria.

l’arrogante Winkus sprezzante con gli alieni, ne minaccia e uccide la prole, ma per sua sfortuna qualcosa nel campo lo infetta mutandone i geni e trasformandolo in poco tempo in mostruoso ibrido umano/alieno, proprio quello che serve alla multinazionale per portare a termine la ricerca, e Wikus si troverà così suo malgrado dall’altra parte della barricata e a rischio vivisezione.

Che il Peter Jackson regista sia una certezza è ormai indubbio, e vista la scelta di produrre questo gioiellino sci-fi anche la sua carriera di produttore sembra iniziare con il piede giusto, ricordiamo che il suo più prolifico collega Sam Raimi altro genio del fantasy/ splatter ha collezionato più di qualche flop in questa veste.

Il regista Neill Blomkamp amplia un suo cortometraggio del 2005 mettendo molta carne al fuoco, e dimostra ancora una volta quanto la fantascienza come l’horror rappresentino ancora oggi i migliori mezzi per veicolare messaggi politici e sociali con rara efficacia.

Qui siamo di fronte ad un mockumentary, la fiction si veste di realtà con l’ausilio di tecniche multiple di ripresa che simulano reportage giornalistici, riprese amatoriali con videocamere, insomma tutto l’armamentario da reality di ultima generazione vedi Cloverfield.

District 9 convince, risulta efficace e coinvolgente, una versione sanguigna e meno leccata del blasonato cugino americano. Gli effetti speciali puntano al realismo con alieni insettoidi decisamente consistenti, il resto è degradazione urbana, xenofobia e violenza, insomma tutto il repertorio da tg di prima serata.

District 9 cita con arguzia il meglio e il peggio nella fantascienza di sempre, già nel 1988 il regista Graham Baker aveva teorizzato una convivenza umani/alieni nel discreto Alien Nation, l’incipit tra Visitors e Independence Day, il look iperrealista del già citato Cloverfield, più di qualche strizzatina d’occhio al Bad Taste di Jackson, le mutazioni de La mosca di Cronenberg, gli alieni insettoidi minaccia di tanti B-movie americani, senza dimenticare lo splatter anni’80 che in un efficace escalation costella tutta la pellicola, insomma decisamente consigliato, naturalmente con le dovute eccezioni.