Buon compleanno Mr. Grape, recensione

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Dopo il suicidio del padre è toccato al volenteroso Gilbert (Johnny Depp) occuparsi della sua famiglia, dell’obesa madre Bonnie (Darlene Cates) depressa e incapace di vivere che ha sviluppato una mania compulsiva per ozio, cibo e fumo, e del fratello quasi diciottenne Arnie (Leonardo Dicaprio), che affetto da un ritardo mentale sembra destinato a morire nel giro di qualche mese.

Poi cè anche la casa che è un altro bell’onere, insomma Gilbert ce la mette proprio tutta, e anche se in parte sostenuto dalle sorelle, per lui il fardello resta oltremodo pesante. Cosi mentre il piccolo spaccio dove lavora è messo in pericolo dall’arrivo di un moderno supermercato e Gilbert porta avanti una relazione con una donna sposata a cui fa le consegne, in città arrivano Becky (Juliette Lewis) e sua nonna , che a causa di un guasto al loro caravan sono costrette a fermarsi qualche giorno nella sin troppo tranquilla Endora.

Gilbert sino ad allora ligio al dovere verso la sua famiglia comincia a dare i primi segni di cedmento, cedimento in parte causato dalla storia d’amore nata con Becky e dal nascere in lui di un desideri di fuga e sogni di un futuro diverso, infatti le cose ben presto precipiteranno, Arnie lasciato per una volta solo dal fratello svilupperà una fobia per l’acqua e in seguito all’ennesima bravata finirà in anche  prigione, con il risultato che Gilbert sfogherà su di lui la sua frustrazione picchiandolo.

Il diciottesimo compleanno di Arnie coinciderà con un cambiamento radicale che porterà Gilbert ad una nuova consapevolezza non priva di tormenti e nefasti accadimenti, ma necessaria ad un traumatico, ma necessario rito di pasaggio verso l’eta adulta ed un inevitabile cambiamento.

Il regista svedese Lasse Hallstrom (Il vento del perdono) confeziona un coinvolgente melò familiare costellato da inserti comedy che ne fanno uno strano e ed intrigante mix di emozioni e caratteri, che grazie ad un casting davvero azzecato, la coppia Deep/Di Caprio è decisamente in forma, riesce a schivare con intelligenza l’overdose di saccarosio e la sindrome da fazzoletto che affligge inesorabimente molte pellicole analoghe.

Non è che nel film manchino buoni sentimenti e lacrime, anzi, ma è un tocco particolarmente delicato e una descrizione visivamente attenta a location e personaggi, a dare alla pellicola di Hallstrom una marcia in più, naturalmente come già detto nulla avrebbe funzionato così  bene senza l’istrionismo dei due talentuosi protagonisti pronti a tarsformarsi negli anni a venire in star planetarie.