300, recensione

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L’ambizioso re di Persia Serse (Rodrigo Santoro) con il suo immenso e devastante esercito si sta approssimando a Sparta, pronto a soggiogare anche la famosa città di guerrieri, ma  il valoroso Re Leonida (Gerard Butler) non accetta il il patto di resa e dopo aver ucciso i messaggeri di Serse decide, contro la volontà dei corrotti oracoli e del consiglio, di lanciarsi in una disperata difesa della città e della Grecia intera asserragliandosi con i suoi uomini presso le Termopili.

Così Leonida capeggiando trecento irriducibili e valorosi soldati spartani affronterà l’immenso esercito di Serse, accumulando cadaveri nemici e impregnando la terra del sangue dei suoi uomini, uomini che non si arrenderanno neppure quando decimati decideranno di seguire il loro re nel sacrificio ultimo, in quella che sarà la battaglia che tutto il mondo ricorderà come leggenda.

Prima di tutto astenersi chi ama la storia e l’epica tout court, qui si sta parlando di comics, anche se nella sua espressione più nobile, la graphic-novel, autentica e immersiva forma d’arte che utilizza le tavole disegnate a mò di romanzo grafico, e che negli anni ci ha regalato perle come Watchmen di Alan Moore.

Il regista Zack Snyder (Watchmen) utilizza come meglio non si poteva la potenza e l’impatto visivo della computer graphic, per dare vita ad una trasposizione visivamente fedele all’opera e alle suggestioni di Frank Miller, artista a tuuto tondo e disegnatore a cui dobbiamo la rinascita dell’uomo pipistrello.

I 300 di Snyder sono ipermuscolarizzati, si cibano di retorica e patriottismo, muoiono per un posto nella storia e per diventare leggenda combattendo come un team dei corpi speciali perfettamente addestrato. Qualcuno storcerà sicurmente il naso, ma Snyder sforna il primo cinefumetto action-epico della nuova generazione, riuscito ibrido tra cinema, fumetto e videogame.

Sangue, muscoli e testosterone all’ennesima potenza, tra lo sferragliare delle armature e un montaggio ipercinetico che usufruisce e a volte abusa del rallenti, per cadenzare i coinvolgenti scontri a fil di spada, Snyder rischia grosso allontanandosi a grandi passi dalla realtà, ma anche dal mito stesso, sconfinando nel territorio quasi inesplorato del fumetto in movimento, usufruendo della miglior tecnologia e figliando un’opera ne cartoon ne film, estremizzando in salsa hollywoodiana una tecnica già utilizzata con grande classe e notevole spessore artistico da Enki Bilal nello splendido Immortal ad vitam.

Se non amate l’invasione di campo operata in questi ultimi anni dagli effetti visivi, e se proprio non digerite i fumetti, forse è il caso che vi indirizziate verso pellicole più realistiche come Il gladiatore o Troy, mentre se volete avventurarvi in un cinema di confine che potreste amare od odiare in egual misura, ma che ha figliato meraviglie come Sin City, beh è proprio il caso di dargli un’occhiata.