Recensione: The Orphanage

Laura (Belen Rueda), mamma adottiva di Simon (Roger Princep), un bambino di sette anni malato (ha l’HIV), insieme al marito Carlo (Fernando Cayo), si trasferisce nell’abbandonata villa orfanotrofio dove ha vissuto gli anni più intensi della sua infanzia, per creare una casa famiglia in cui poter ospitare sei bambini disabili.

La nuova sistemazione sembra piacere a Simon, che sviluppa giorno dopo giorno differenti giochi con i propri amici immaginari, tutti suoi coetanei, tra cui una sorta di caccia al tesoro che, se portata a termine, dà diritto alla realizzazione di un desiderio.

Il giorno dell’inaugurazione della casa, il bambino, che precedentemente ha iniziato ad essere sempre più dipendente dai suoi amici immaginari (tra cui Thomas) e ha esternato una aggressività inusuale, scompare, gettando nella disperazione la madre, pronta ad ogni eventualità, compresa quella di credere nella presenza dei fantasmi, pur di riabbracciarlo.

The Orphanage (El Orfanato), vincitore di 30 e candidato, tra gli altri agli EFA 2008, è un horror molto simile, come ambientazione e impostazione a The Others, diretto da Juan Antonio Bayona e prodotto da Guillermo Del Toro.

A livello tecnico, il film è veramente pregevole, tanto che la fotografia riesce a rendere ogni scena inquietante (i lunghi corridoi bui, i dettagli delle porte che sbattono, le inquadrature della giostra che gira spinta dal vento, le situazioni claustrofobiche rese attraverso la penombra creata dalla luce che penetra da una finestra in fondo ad una sala, i giochi del tipo vedo non vedo, molto Darkness e Il sesto senso ), la musica accompagna in modo gradevole lo svolgimento della storia e i particolari horror (i bambolotti degli orfani, la maschera del bambino deforme, l’evoluzione della storia di Benigna) sono ben costruiti.

La storia, invece, non regala novità al genere (i morti che cercano di comunicare con i vivi, per trovare la pace eterna, i bambini sensibili percettori dell’aldilà, la casa che nasconde degli inquietanti segreti), ma grazie ad una bravissima Belén Rueda, capace di interpretare alla perfezione la sofferenza, che sfiora in certi punti la pazzia, di una madre che non vuole accettare di aver perso il proprio figlio e ad alcune scene spettacolari e ansiogene, come quella della medium Aurora (Geraldine Chaplin), che visita in trance in cerca di Simon, piace dall’inizio alla fine (con un finale degno di M. Night Shyamalan).

Concludendo: se l’obiettivo era quello di creare un film d’atmosfera, raccontando una inquietante favola contemporanea, Bayona l’ha raggiunto il suo obiettivo. Semmai The Orphanage pecca di fantasia, perché troppo debitore del film cult di Alejandro Amenábar, ma in un periodo in cui gli horror psicologici latitano, questo spagnolo è imperdibile.