Recensione: L’ospite inatteso

Walter Vale, professore universitario di economia, vedovo, dopo la morte della moglie sembra aver perso interesse per la vita, e di conseguenza scopre il grigiore di un lavoro che in realtà non ha mai amato, e passa le giornate tra studenti che neanche conosce e imbarazzanti lezioni di piano, lasciandosi scivolare lentamente in una monotonia che inesorabilmente lo consuma.

Un viaggio a New York per la presentazione di un saggio, innescherà una serie di avvenimenti che  gli cambieranno per sempre la vita, nel suo vecchio appartamento Walter troverà due inquilini inaspettati e molto particolari,  Tarek e la sua compagna Zainab, entrambi clandestini, e inconsapevoli dell’arrivo del  proprietario dell’appartamento. Dopo un incontro/scontro i tre si chiariranno e il professore deciderà di offrire ospitalità alla coppia in evidente imbarazzo.

L’arresto di Tarek in seguito ad un equivoco, l’arrivo della madre di lui, Mouna anch’essa vedova. e lo scontro con la burocrazia post-11 settembre, risveglierà il Walter sopito che dimostrerà tutta la sua immensa passione e la grande voglia di vivere, scoprendosi nuovamente capace d’amare e cercando in ogni modo di salvare Tarek da una inevitabile espulsione.

L’ospite inatteso è una grande sorpresa, il titolo così defilato, come il suo protagonista Richard Jenkins che ci offre il ritratto di un uomo in balia della vita, senza più strumenti per resistere ad un grigiore opprimente, che ci regala delicate emozioni e sottili messaggi di tolleranza e integrazione, che sublimano in una delicata e intensa, ma mai consumata, storia d’amore.

Tom McCarthy (The station agent) è un anfitrione coi fiocchi, ci accompagna per mano e in punta di piedi attraverso un racconto dai toni sommessi, ma forte di grandi contenuti e ricco di sentimenti che arrivano dritti al cuore, sentimenti capaci di scorciatoie sorprendenti, e continuiamo a stupirci ogni volta scoprendo come la vita reale, dolce a amara al contempo ci travolga con i suoi racconti privi di qualsivoglia edulcorata distrazione.

Bravissima, ma ce lo aspettavamo, Hiam Abbass (Mouna), Richard Jenkins strepitoso, la nomitation all’Oscar è strameritata, questo attore rimane uno di quei volti noti che tutti ricordano, ma che nessuno riesce ad accostare ad un nome e cognome, un caratterista nel senso più nobile del termine, già apprezzato in decine di pellicole dai cast stellari, sempre pronto a caratterizzare figure di contorno con una professionalità che definire ammirabile è il minimo. dando ad ognuno di quei personaggi una caratteristica che li renda fisicamente memorabili, lo ricordiamo in Hanna e le sue sorelle, Wolf, The Core, Shall we dance… e potremo continuare all’infinito.

Non dimentichiamo infine la musica, perchè L’ospite inatteso è anche grande musica, Jan Kaczmarek sottolinea la rinascita di Walter Vale e il suo lento ridestarsi alla vita con una delicata scorribanda etnica, tra percussioni, Tarek insegna al professore a suonare il tamburo africano e quest’ultimo si innamora di questo strumento da cui non si separerà più, ma anche armonie raffinate e mai invadenti, che fanno da cornice alle  affascinanti protagoniste femminili.

Tutto in questo film funziona, e non manca certamente lo spessore della denuncia sociale e della paura del diverso, che in un America post-11 settembre crea deformità istituzionali e legislative che inquietano. Tutto questo, e tutto quello che riuscirete a cogliere lo trovate in questo film, sorprendente e inatteso come l’ospite del titolo.