L’amore e altri luoghi impossibili, recensione

Emilia Greenleaf (Natalie Portman) è una brillante  laureata di Harvard sposata da poco con Jack Woolf (Scott Cohen) suo capo e socio del prestigioso studio di New York dove Emilia è impiegata.

Il matrimonio è il culmine di una relazione che Emilia e Jack hanno intrapreso mentre Jack era ancora sposato con Caroline (Lisa Kudrow) la sua attuale ex-moglie da cui l’uomo ha avuto un figlio, il piccolo William (Charlie Tahan)

Il tradimento di Jack ha segnato la sua famiglia creando un forte risentimento da parte della sua ex e una profonda delusione nel piccolo William che ora vede Emilia come un nemico da combattere e lui come causa delle sofferenze della madre.

Purtroppo la coppia subirà la tragedia della perdita della figlia di pochi giorni che farà sprofondare Emilia nel baratro della depressione, una situazione che col passar del tempo sembrerà impossibile da superare, ma invece sarà proprio questa immane perdita che aiuterà il piccolo William ed Emilia a trovare un equilibrio.

Il regista Don Roos, all’attivo gli script per il remake Diabolique e la comedy Io & Marley nonchè la regia del romance Bounce con Gwyneth Paltrow e Ben Affleck, adatta per lo schermo il racconto del 2006 Love and Other Impossible Pursuits della scrittrice israeliana Ayelet Waldman.

La Portman dopo aver interpretato una ragazza madre nel drammatico Qui dove batte il cuore di Matt Williams torna in L’amore e altri luoghi impossibili con un ruolo che esplora una maternità perduta e inaspettatamente ritrovata, con la sensibilità e la gamma espressiva che ne contraddistingue il grande talento.

L’attrice di origini israeliane come l’autrice del romanzo originale, ha investito molto nel progetto e infatti in questo caso veste anche i panni di produttrice esecutiva della pellicola che in patria ha transitato al Toronto Film Festival, mentre da noi fruirà di un anteprima televisiva.