“La grande bellezza” di nuovo al cinema con 30 minuti di inediti

Un film che è stato capace di emozionare. E vincere. Dialoghi minimali e azzeccati, fotografia da 110 e lode. Regia di tutto rispetto. Attori che rappresentano il meglio del panorama italiano.

la grande bellezza

A tre anni dall’uscita, ritorna al cinema solo per tre giorni, dal 27 al 29 giugno, La grande bellezza in versione integrale con trenta minuti di scene inedite. Tra le nuove scene quella in cui Jep Gambardella, disilluso scrittore e giornalista interpretato da Toni Servillo, incontra Giulio Brogi nel ruolo di un anziano regista che immagina di poter girare un ultimo film. Il “Maestro del cinema” racconta a Jep quello che definisce il suo primo “incanto”, l’accensione del primo semaforo installato a Milano tra piazza Duomo e via Torino: “Mi pare che fosse il 12 aprile 1925. Mio padre mi mise sulle spalle perché c’era una gran folla, ma capisce? Una folla, radunata per vedere un semaforo. Che bellezza! Che grande bellezza!”. E quella con Fiammetta Baralla nel ruolo della madre di Ramona (Sabrina Ferilli).

Sarà un ottimo viatico per rivedere al cinema l’incantevole ‘città eterna’. L’ha descritta bene Federico Fellini nel capolavoro “La dolce vita” e, indubbiamente, Paolo Sorrentino ne ha tratto giovamento. Tramite il suo attore-feticcio Toni Servillo, che interpreta il Gambardella di cui sopra, la esplora. In lungo e in largo, ma sempre in prospettiva. Una prospettiva geometrica, dedita all’armonia dei palazzi e dei monumenti.

Roma è una ‘Grande bellezza’. Forse, la più grande del film. La Roma dei benpensanti, dei cardinali che ‘non fanno onore al clero’, degli artisti di strada che più che per l’arte vorrebbero sopravvivere facendo ‘notizia’. Tutto e tutti sono parte integrante di un film che è un grande quadro. Una lettera (quasi) senza parole a presente e futura memoria. Non viene risparmiato nessuno quando è Jep Gambardella a parlare. Lui è un uomo diverso. Uno che alla domanda “cosa ti piace di più?” non risponderebbe come i suoi amici (“La donna”), bensì “L’odore delle case dei vecchi”.