Il Colibrì: la pellicola diretta da Francesca Archibugi

Tratto dal romanzo vincitore del premio Strega 2020, prodotto da Fandango in collaborazione con Rai Cinema, Il Colibrì, è il nuovo film di Francesca Archibugi, con Pierfrancesco Favino, Benedetta Porcaroli, Massimo Ceccherini, Nanni Moretti, Kasia Smutniak e Francesco Centorame.

La pellicola racconta di un uomo Marco Carrera, interpretato da Pierfrancesco Favino, attraverso ricordi, falshback e proiezioni future, i un tempo che scivola liquido, abbracciando un periodo storico molto ampio, dagli anni ’70, al presente attuale che si tuffa immediatamente nel futuro. Un tempo che scorre, che è fatto di persone, di emozioni, di luoghi, di sentimenti, di non detti, di sogni, di rancori, un tempo che è dinamico, in perenne e costante movimento, un tempo che è in costante contrasto con il colibrì, che metaforicamente rappresenta Marco: un uccello che batte le ali, per restare fermo.

 

Il libro di Veronesi, cosi come la pellicola che ad esso si ispira, è un omaggio alla resilienza. Marco Carrera richiama il colibrì per diversi aspetti: sin da bambino, è piccolo, come lo stesso uccellino di cui prende il soprannome. Non cresce e per questo, suo padre si attiva affinchè suo figlio possa vivere una vita normale. Marco viene sottoposto ad una cura ormonale grazie alla quale cresce. Nella fase della sua adolescenza, conosce una ragazzina, Luisa, di cui si innamorerà perdutamente. La vita di Marco prenderà un’altra rotta. Da adulto, sposerà Marina da cui avrà una figlia, di nome Adele, eppure, resterà innamorato di Luisa. Anche in questo si manifesta la resilienza, quella di un uomo, che costruisce il suo nido, ma che non lascia andare mai l’amore vero.

 

La resilienza, si manifesta anche nei cambiamenti della società, che evolve, che cambia, che si trasforma. Questa società in continua evoluzione, è lontana dalla staticità di Marco, che come un colibrì batte le ali ma resta immobile, nella sua routine, nel suo lavoro di oculista, metodico e preciso, nel suo passato, nei suoi sentimenti. Marco però ad un certo punto, tornerà a Firenze per cause di forza maggiore. La v ita gli metterà davanti delle prove difficili, e qui si riattiverà la resilienza, la fermezza, la forza di tenere i pugni stretti. Ad accompagnarlo in questa prova di forza è l’analista di Marina sua moglie.

 

Il film si conclude nel futuro prossimo, in cui Marco è un nonno, un nonno di una nipotina che lotta per sanare una società ormai alla deriva. Un film che abbraccia un arco temporale ampio, un film che è emotivo ed emozionale allo stesso tempo, una pellicola che guarda alla società, spesso con amore, ma anche con disappunto, un inno alla resilienza, alla felicità, alla vita.