Gli amori folli, recensione

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Una giornata di shopping per Marguerite, che uscita da un negozio di scarpe viene scippata della borsa, borsa che il ladruncolo di turno frugherà in un vicino centro commerciale, e dalla quale butterà via il portafoglio che verrà trovato per caso da Georges che da quel momento, vista la foto della donna e scoperto che possiede un brevetto di volo, ne farà la propria ossessione.

All’inizio Georges, cinquantenne con una bella moglie per nulla gelosa e due figli ormai cresciuti, comincerà a tampinare la donna con telefonate e lettere, lei non ricambierà le attenzioni, sino a che lui in un momento di follia non le taglierà le gomme dell’automobile, confessando l’atto inconsulto con un biglietto e costingendola così a rivolgersi alla polizia, che prontamente consiglierà all’uomo di desistere.

Poi di colpo i ruoli si invertiranno, lui non la chiamerà più, non gli scriverà più lettere, lei ne sentirà improvvisamente la mancanza, e sarà proprio lei a cercarlo, a non poter fare a meno di lui, a capire di averne bisogno, a provare un sentimento tanto folle quanto eccitante, il tutto in un’escalation di inebriante e colorata follia amorosa.

Dalla trama Gli amori folli potrebbe sembrare una classica pellicola in cui l’amore e le sue infinite digressioni emotive si dipanano in una tumultuosa staffetta emotiva, scombinando ad arte la vita degli ignari protagonisti, in realtà il regista francese Alain Resnais dopo un incipit in cui ci conforta e incuriosisce con una trama ed un impatto visivo davvero intriganti, sfodera tutto il repertorio che lo ha reso famoso decostruendo un racconto di Christian Gailly e raccontando un’ossessione amorosa con tutti i crismi del cinema d’autore più cerebrale.

Renais sfida/invita lo spettatore, con un’escalation di situazioni surreali, ad abbandonare i confortanti percorsi narrativi abituali per un’incursione nell’amor fou a tutto tondo, dove emozioni, reazioni e suggestioni prendono il sopravvento su messinscena e interpreti, scombinando volontariamente qualsiasi parvenza di linearità, in uno script che diventa solo una scusa per una digressione sull’irrazionalità dell’amore.

Ci sembra doveroso aggiungere però che il film, pur sfoggiando un look intrigante e fumettoso, potrebbe spazientire lo spettatore meno avvezzo al cinema di Resnais, che si troverà a rincorrere la storia per l’intera durata della pellicola, cercando un filo logico che forse non troverà mai, per non parlare del finale che coerentemente con la messinscena si lancia in un’acrobazia narrativa tanto coraggiosa quanto rischiosa, che potrebbe rivelarsi alla fine una controproducente arma a doppio taglio.