Fratelli in erba, recensione

Bill Kincaid (Edward Norton) è un professore di filosofia classica alla Brown university, ligio al dovere e allergico alle trasgressioni, proprio quando il sogno di una vita sta per realizzarsi, gli viene assegnata una cattedra, arriva la notizia che il suo fratello gemello Brady (Edward Norton) che non vede da molti anni è stato ucciso.

Preso il coraggio a due mani Bill parte alla volta del suo paese natio, giunto in Oklahoma scopre che in realtà il fratello è vivo e vegeto e che omicidio e funerale erano solo una scusa per trascinarlo in un piano che prevede che i due si scambino i ruoli come facevano da ragazzi.

Sin qui nulla di strano se non fosse che i due fratelli sono simili solo nell’aspetto perchè hanno caratteri e visioni della vita praticamente opposte, infatti Brady ha intrapreso un florido commercio di cannabis con annessa piantagione casalinga, la cui notevole qualità ha attirato l’attenzione di un boss locale (Richard Dreyfuss).

Questo scambio di ruoli servirà ad entrambi per scoprire quanto in realtà la vita pur indirizzandoli in percorsi opposti non sia riuscita a cambiarli in profondità, dove i due fratelli hanno decisamente molto in comune e Bill coglierà l’occasione per rivedere la madre (Susan Sarandon) ospite in una casa di cura, conoscere una bella poetessa che pesca pesci-gatto a mani nude, senza dimenticare nel frattempo di infilarsi in un mare di guai.

Dietro al sin troppo ammiccante titolo italiano, in originale Leave of grass si riferisce ad una raccolta di poesia di Walt Whitman, troviamo un’intrigante black-comedy che pesca a piene mani dall’immaginario dei fratelli Coen, per porsi a mezzavia tra gli eccessi demenziali di strafumati di David Gordon Green e la scrittura graffiante e provocatoria di serial di ultima generazione come Weeds.

Attenzione però la comicità di Fratelli in erba tipica delle black-comedy si tinge di violenza, esplora registri drammatici e si fa spesso molto sottile e l’ottimo lavoro fatto da Norton nella caratterizzazione purtroppo va perso a causa del doppiaggio, che non dona ai due personaggi le sfumature necessarie a rendergli pienamente giustizia.

Il regista ed attore Tim Blake Nelson sfrutta appieno e soprattutto senza strafare la tecnica di Norton che dopo aver sondato la doppiezza di svariate personalità in celluloide, da quella bestiale de L’incredibile Hulk a quella seriale del giovane omicida di Schegge di paura, senza dimenticare il naziskin pentito nella versione pre e post detenzione di American History X, sfodera finalmente la sua vis comedy che non è certo rodata come quella di un comico di razza, ma visto il registro del film non si può dire che manchi di efficacia.