Caos calmo, recensione

Pietro Paladini (Nanni Moretti) non riesce a superare un’empasse emotiva nata da un episodio che che lo ha visto salvare una vita mentre la sua compagna perdeva la sua, all’uomo rimane Claudia (Blu Yoshimi), una figlia di dieci anni su cui riversare il sostegno e la protezione che non è riuscito a dare alla moglie, una situazione che lentamente lo porta in una sorta di consapevole oblio in cui le idee non riescono ad avere un senso compiuto e in cui l’unico punto di riferimento e certezza diventa propria la piccola Claudia.

Pietro si ritrova così a promettere alla figlioletta di aspettarla tutti i giorni su una panchina di fronte alla scuola, tutto il tempo delle lezioni, così che alla sua uscita lei possa sempre trovarlo lì, così da diventare una costante per la piccola che non dovrà mai più aver paura che nel momento del bisogno lui non ci sia.

Così quella panchina e un piccolo bar in quello scampolo di verde diventeranno l’universo di Pietro in cui la sua mente vagherà senza meta tra un passante e l’altro, non tanto alla ricerca di risposte, quanto in attesa che la realtà torni ad essere quel minimamente tollerabile da poter essere vissuta.

Davvero una piacevole sorpresa questo Caos calmo, adattamento di un romanzo di Sandro Veronesi ad opera del regista Antonello Grimaldi, all’attivo due stagioni di Distretto di Polizia, la fiction Le stagioni del cuore e lo sfortunato Asini con Claudio Bisio.

Difficile il compito, sempre e comunque, di adattare un romanzo su grande schermo, centinaia di pagine su cui una moltitudine di lettori ha fantasticato, riflettuto e adattato il proprio stato d’animo a personaggi e situazioni, diciamo una missione impossibile che richiede sempre un approccio il piu possibile distaccato quando ci si trova a confrontarsi con una trasposizione.

In questo caso Grimaldi costruisce il film sul Moretti-attore che dimostra ancora una volta quanto il suo approccio alla recitazione decisamente atipico, che molti scambiano per mancanza o assenza di tecnica, sia in questo particolare caso perfetto per la costruzione di un personaggio che guarda il mondo esterno in maniera distaccata, come da un oblò e che spesso e volentieri si estranea per scegliere di fruire della realtà a piccole dosi, quel tanto che basta per non perdersi.

Grimaldi è un regista dotato di indubbia tecnica e in questo caso il suo approccio discreto alle sequenze e l’utilizzo accorto della colonna sonora si adattano perfettamente allo stile rarefatto ed intimista della pellicola che tratta con i giusti contrappunti emotivi l’elaborazione del lutto, tema difficile e irto di ostacoli.

Il resto è un solido cast di supporto, una piccola co-protagonista dolcemente malinconica e un Moretti in parte che rispecchia perfettamente lo spirito della pellicola a partire dal rivelatorio titolo, certo il ritmo della narrazione esposto a bruschi rallentamenti potrebbe spazientire qualcuno, ma il valore della pellicola resta indubbio.

Note di produzione: nel film c’è una scena di sesso tra Nanni Moretti ed Isabella Ferrari che suscitò scalpore dopo alcune dichiarazioni, in seguito smentite che davano la sequenza per vera, il film si è aggiudicato tra i vari riconoscimenti tre David di Donatello e quattro Nastri d’argento in entrambi i premi vince Alessandro Gassman come miglior attore non protagonista e il brano L’amore trasparente di Ivano Fossati come miglior canzone originale.