Cannes 2013: la delusione di Sorrentino e le lacrime di Kechiche

Il sipario si abbassa sulla sessantaseiesima edizione del Festival. “La grande bellezza” non rientra nel Palmares ma si consola con gli incassi al box office. Anche Michael Douglas resta all’asciutto.

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Sono stati dieci giorni ricchi di emozioni, di colpi di scena quali il mancato arrivo sulla Croisette di Ryan Gosling, di applausi a scena aperta per alcune tra le pellicole in concorso. Ieri, in un clima di tensione, il verdetto finale della giuria.

“La Vie d’Adele” vince la Palma d’Oro, meritatamente. Lo ha deciso la commissione stellare capitanata da Steven Spielberg. Il Premio più prestigioso va a un film capace di raccontare la storia d’amore tra due ragazze. Un film coraggioso, diretto da Abdellatif Kechiche e sapientemente interpretato da Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux. Le due giovani attrici hanno senza dubbio gran parte dei meriti nella conquista della Palma d’Oro. E’ quanto si evince dalle parole di Spielberg. Il regista ha motivato la scelta del vincitore affermando che la giuria ha preso atto dell’eccellenza di tre artisti. Non può che gioire il regista franco-tunisino, che dedica la vittoria allo scomparso Claude Berri e a tutti i transalpini che hanno contribuito alla riuscita del film incontrati lungo il percorso.

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Si diceva che quelal di Spielberg e compagni è una scelta coraggiosa. “La vie d’Adele” ha saputo raccontare un amore saffico, irriverente, che la critica ha apprezzato e accolto positivamente sin da subito. Il film, della durata di tre ore, è un crescendo di emozioni incentrato sulla spontaneità dei sentimenti. Nulla è dato al caso, e nulla è nascosto. A cominciare dagli incontri sessuali tra le protagoniste. Ad aver giocato un ruolo fondamentale è senz’altro il fatto che l’amore tra gay è argomento all’ordine del giorno in una Francia che abbraccia le identità omosessuali e non vuole fare distinzioni legali tra questo tipo di unioni e quelle tra etero.

L’Italia che non c’è

Torna a casa a mani vuote Paolo Sorrentino, che con “La grande bellezza” ha dato comunque l’ennesima prova del suo straordinario talento. Il film che ha per protagonista Toni Servillo nei panni del giornalista Jep Gambardella ha superato le avversità provenienti da una parte di stampa ed è riuscito a conquistare la Croisette nel giorno della sua proiezione. Pesa, nella scelta finale, la mancanza di un membro italiano in giuria. Se accanto ai Waltz, agli Auteil, ai Lee e alle regine della giuria (Nicole Kidman, Vidya Balan, Naomi Kawase, Lynne Ramsay) fosse stato seduto anche un rappresentante del Belpaese probabilmente qualcosa sarebbe andato diversamente.

L’Italia che esulta

Ma il contributo del nostro cinema all’edizione numero sessantasei del Festival di Cannes è stata comunque fondamentale. A “Miele” di Valeria Golino va la menzione speciale della giuria ecumenica, mentre “Salvo” (firmato da Grassadonia e Piazza) è il protagonista assoluto della Settimana della Critica. Una storia di mafia e di amore, di un miracolo che unisce cinema e realtà, diventa la rivelazione nella sezione. Una menzione speciale è stata attribuita anche ad un altro italiano, Adriano Valerio, autore del cortometraggio “37 4s“.

Niente da fare per Douglas e Damon

Due dei migliori attori del panorama Hollywoodiano, Michael Douglas e Matt Damon, speravano di conquistare il premio di miglior attore protagonista andato a Bruce Dern. L’anziano attore, commovente protagonista in “Nebraska” di Alexander Payne ha battuto gli illustri avversari. Merito di un’interpretazione da brivido. In fondo, a Cannes come a Los Angeles o a Berlino, conta proprio il brivido. L’emozione che non invecchia mai e che rende unica la settima arte.